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Il Festino di Palermo, la storia di 4 secoli che affascinò anche i viaggiatori del Grand Tour

Il carro a Porta Felicem (immagine tratta da Voyange pittoresque ou description des Royaumes the Naples et de Sicile)

Che il Festino da 399 anni sia per antonomasia l’evento clou dell’anno per la città di Palermo è una certezza assoluta per tutti. Ne hanno raccontato le dinamiche perfino i grandi viaggiatori del Grand Tour, da Jean Houel a Pierre Guitton de Prémorel, colpiti dalla magnificenza dell’evento e dal coinvolgimento emotivo dei palermitani. A ragion del vero, i palermitani di ogni classe sociale, ricchi o poveri, della nobiltà o del popolino, colti o ignoranti, credenti o non, hanno sempre nutrito un comune sentimento verso la celeste patrona: Rosalia dei Sinibaldi.

Sin dal 1624, anno del ritrovamento delle sue reliquie sul Monte Pellegrino, e della liberazione dal terribile morbo della peste, la città ha serbato una particolare venerazione nei confronti di quella che tutti amano chiamare 'a Santuzza, tanto da celebrare - a partire dal 1625 - un grande evento in suo onore: 'u fistinu. L’evento festoso celebrativo, nasce in realtà non nella connotazione arrivata ai nostri giorni, ma come momento prettamente religioso, voto di una città verso la propria eroina che ne aveva salvato le sorti dallo sterminio dell’incombente peste del 1624. Solamente nel 1686, forse per il raffreddamento del sentimento religioso dei palermitani, il Senato cittadino pensò di dare una connotazione scenica all’evento celebrativo, introducendo la realizzazione di una fastosa macchina barocca, il carro, che esaltasse la figura della Santuzza. Vennero inoltre immessi spettacoli e cortei che rievocassero le gesta della Santa, e che celebrassero la gloria della città. I giorni di festa cominciarono così ad incrementarsi: sino al 1700 se ne celebrarono tre, nel 1701 ne venne aggiunto un quarto, nel 1705 addirittura diventarono cinque. Nel 1783 il tanto temuto viceré spagnolo Caracciolo, vista la carenza delle casse del Regno, tentò di ridurre i giorni di festa a tre, ma questo comportò una terribile sommossa del popolo, che, fomentata dal marchese di Villabianca, adunata sul piano del palazzo, cominciò ad imprecare: o festa o testa! Per evitare il peggio, il vicerè Caracciolo fu costretto ad accordare al popolo i tri jorna canonici del Festino. Le prerogative tipiche dei giorni della festa rimasero invariate per quasi tre secoli: l’illuminazione del Cassaro, la predisposizione delle grandi iconografie illuminanti della Santa ai Quattro Canti di città, la corsa dei cavalli, il corteo celebrativo, le diverse macchine processionali minor, ed infine i fuochi pirotecnici a mare. Ma resistevano sino agli anni Cinquanta del secolo scorso, alcune prerogative, espressione della pietà popolare, che spalmavano l’aria del Festino anche nelle periferie, come i canti dei cosiddetti triunfi da parte degli orbi dinanzi alle edicole votive sparse nel territorio urbano della città. Tutte queste dinamiche fecero sì che la fama del Festino si spinse oltre il Mediterraneo e molti curiosi cominciarono ad imbattersi in lunghi viaggi pur di raggiungere Palermo per quei giorni di festa.

Sia Jean Houel nel suo Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari, assistendo al Festino del 1776, che Dominique Vivant Denon nel Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile, concordano nell’esaltare la magnificenza di questi lunghi ed intensi tre giorni di festa. Pierre Guitton de Prémorel, avendo anche lui assistito ad un festino di fine del XIX secolo, cento anni dopo i suoi illustri predecessori, si sofferma anche lui nell’esaltare la singolarità degli apparati scenici e decorativi, ma soprattutto viene piacevolmente colpito dal sentimento comune del popolo palermitano verso la figura - per certi versi quasi identitaria - della Santa eremita.

Di sicuro nell’ultimo secolo sono drasticamente cambiate le dinamiche del Festino, ma rimane indelebilmente incorrotto il sentimento dei palermitani verso la amata giovane patrona, emblema di una città che ha costantemente voglia - nonostante tutto - di riscattarsi. Cosa augurarsi allora in questa edizione 2024? Che anche i trecentocinquantamila visitatori (secondo le ultime stime) che saranno a Palermo per assistere a questo sfarzoso Festino, che celebra il IV centenario del rinvenimento delle Sacre Reliquie, un po’ come i viaggiatori del passato, rimangano affascinati da una città che onora sì la sua patrona, ma che serba il desiderio profondo di cambiamento, per tornare ad essere cuore pulsante del Mediterraneo.

In alto il carro a Porta Felicem (immagine tratta da Voyange pittoresque ou description des Royaumes the Naples et de Sicile)

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