Parla il progettista del nuovo spazio al porto: «Barcellona? Tunisi? È Palermo e basta, ci siamo ricordati del passato»
Un filo che si riavvolge e proietta Palermo in un luogo per troppo tempo dimenticato. Com'era fino a più di un mese fa e com'è diventato. Il molo trapezoidale è l’emblema del rapporto conflittuale che ha caratterizzato dal dopoguerra a oggi la relazione tra il porto e la città. Qui sono stati commessi gravi errori, iniziati nel 1923 con la discutibile decisione di procedere alla demolizione del Castello a Mare per dare spazio alle attività portuali. Il sedime del Castello, un monumento già parte del patrimonio Unesco, venne così occupato da una serie scomposta di circa 46 edifici, sorti in assenza di uno strumento urbanistico che ne regolasse uno sviluppo organico e lungimirante, che hanno generato un paesaggio confusionario, degradato e poco funzionale. Alla fine degli anni Ottanta furono realizzate sulla banchina nord due grandi gru, destinate alla movimentazione e allo stoccaggio di rinfuse secche. Scelta anche questa ritenuta da molti esperti scellerata dal punto di vista paesaggistico, con l’aggravante che i due mostri di ferro non furono mai effettivamente utilizzati. Le gru, costate 80 miliardi delle vecchie lire e in stato di abbandono, sono state demolite per scelta dell’Autorità portuale, che ha inserito il nuovo assetto del molo trapezoidale tra gli obiettivi strategici per la riqualificazione dell’intero waterfront. Sebastiano Provenzano è l’architetto dello studio che dal 2020 ha ricevuto l’incarico di disegnare urbanisticamente gli edifici e gli spazi pubblici del molo trapezoidale, terzo e importante pezzo del complicato mosaico che rivede nel suo disegno complessivo il mare in pieno centro storico. Cosa ha ispirato le scelte per reinventare quell’area desolata che custodiva tesori di interesse archeologico? «Il tema della riqualificazione del porto - dice Provenzano - mi vede coinvolto già da molti anni. Nasce con l’allora presidente dell’Autorità portale Bevilacqua nel 2005. È stato un processo lungo, perché dalla redazione del piano portuale abbiamo cercato di capire che interventi fossero possibili. Certo, ci sono voluti venti anni, forse troppi per i cittadini. Ma ne erano passati circa 80 di anni prima senza che nessuno pensasse a riqualificare la costa».