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Orfeo ed Euridice, al Teatro Massimo di Palermo un'opera d'amore di straordinaria attualità

Le interviste al regista Danilo Rubeca e al controtenore Filippo Mineccia. Sul palco anche il soprano della città ; Federica Guida

Rubeca

Orfeo, un mito nella realtà di oggi? «Ho voluto rappresentare un essere umano. Perde la sua amata e dal regno dei morti nessuno può tornare se non nel ricordo». Per Danilo Rubeca, regista e coreografo dell'Orfeo ed Euridice in scena in prima domani sera (martedì 19 settembre) alle 20 al Teatro Massimo di Palermo, «alla morte di Euridice Orfeo è solo. Il dolore per la perdita in lui si è quasi cronicizzato e non è in grado di elaborarlo».

Nessuna possibilità se non nella forza evocativa della memoria, sulla scia di Proust?

«Il viaggio all'Ade offre una chance al cantore mitico e Ranieri de' Calzabigi - il suo libretto è di una modernità straordinaria - con la musica di Gluck, nell'azione teatrale rappresentata a Vienna nel 1762, lo immagina nella sua discesa nel regno dei morti per riavere Euridice. È Amore che fa da guida a questo percorso di elaborazione del lutto».

Come si può rappresentare scenicamente Euridice?

«È moltiplicata dai danzatori e così anche Orfeo».

E Amore?

«Non è una divinità, un personaggio, ma piuttosto un sentimento che viene fuori da Orfeo che tenta di ridestarlo per mantenere il rapporto con la donna amata. E l'aver contraddetto al divieto di voltarsi a guardarla, dopo la seconda morte di Euridice per Orfeo, come nei Dialoghi di Leucò di Pavese, è meglio perderla per sempre. Il loro contatto è possibile solo tramite Amore. È un tornare in vita come la luce delle stelle che tornano a splendere anche dopo la scomparsa».

Sulla scena quali elementi?

«Simbolicamente all'inizio un albero tutto nero che a un certo punto si sradica e dopo diventerà verde, c'è una piccola casa dove lui si risveglia dopo il funerale e c'è un cappotto che rappresenta l'oggetto della donna scomparsa. Lui lo indossa e dalle sue spalle tramite il balletto viene trasferito a Euridice».

Le sue esperienze da danzatore sono state importanti per i suoi successivi impegni registici?

«Come danzatore sono molto legato al Teatro Massimo e a Micha van Hoecke. Con il cuore ero rivolto all'opera. Ho lavorato con Vick, Italo Nunziata, De Simone. Orfeo è stata la mia prima opera da ballerino e adesso è la mia opera numero 100».

Mineccia

E a Orfeo dedica la sua vocalità di controtenore Filippo Mineccia: «Il suo canto - sottolinea - Gluck lo rende estremamente essenziale. La direzione rigorosa di Gabriele Ferro non lascia spazio a nessun inventivo abbellimento. La versione viennese dell'Orfeo è l'espressione della riforma realizzata dal musicista con Calzabigi».

Il castrato Gaetano Guadagni ne fu il primo interprete. Le sue ricerche sul repertorio dei cantanti evirati hanno riportato in luce elementi interessanti delle loro interpretazioni?

«Purtroppo non abbiamo nessuna testimonianza sonora delle loro esecuzioni. Ma insieme alle loro carriere sono riemerse tonnellate di musica, di opere poi coperte dall’oscurità. Nelle mie ricerche con un cospicuo lavoro ho ritrovato insieme al repertorio frequentato dai castrati tanti altri dati, per esempio, come funzionavano i teatri».

Che cosa si ricava da queste indagini?

«Si capisce molto di più nell'atto d'interpretare la loro musica».

Lei dal violoncello si è rivolto al canto?

«Mi sono diplomato in violoncello al Conservatorio di Firenze nel 2006 ma sentivo l'esigenza di qualcosa di diverso per potermi esprimere. Il mio interesse era rivolto al barocco e il canto è venuto dopo. Un amico mi ha dato un disco con Arie di Haendel ed è stata una folgorazione».

Cantare da controtenore che cosa richiede soprattutto?

«Non è un percorso facile. Sostengo che si deve sviluppare una tecnica sobria, sul legato e sull'appoggio, come per tutti i cantanti. È una sfida giornaliera nel togliere le acidità che ha la voce di falsetto».

Orfeo, dunque, da contraltista come aveva esordito Guadagni. E con quali predilezioni?

«Haendel, soprattutto, e Monteverdi , Cavalli, Alessandro Scarlatti che ha le Arie più belle della storia della musica».

Fra gli altri cantanti il soprano palermitano Federica Guida

Con il giovane soprano palermitano Federica Guida che interpreta Euridice e ha già al suo attivo impegni internazionali, Amore è il soprano israeliano Nofar Yacobj. Scene di Domenico Franchi, costumi di Alessio Rosati, luci di Marco Giusti. Orchestra, Coro ( maestro del Coro Salvatore Punturo), Corpo di Ballo ( direttore Jean-Sébastien Colau) del Teatro Massimo. L'azione teatrale (tre atti senza intervallo, durata un' ora e quaranta) con repliche fino al 26 settembre, sarà trasmessa in diretta streaming sulla webTv del Teatro Massimo.

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