Non è affatto difficile confondere le opere mondelliane realizzate da Salvatore Caronia Roberti (1887-1970) per opere mature del suo maestro Ernesto Basile. Egli può esserne considerato infatti l’allievo più mimetico, un «camaleonte della composizione modernista» in grado di scrivere romanzi dell’architettura floreale dotati di medesimo ritmo e sintassi pari a quelli sublimati dal progettista di Montecitorio. Vi è una strettissima familiarità caratteriale tra i villini realizzati dal giovane architetto dell’ufficio tecnico dell’impresa Rutelli - che ha l’appalto per la realizzazione di centinaia di villini nell’ex palude bonificata di Mondello - e le opere urbane che Basile realizza a Palermo e abilmente veicola attraverso le riviste di settore già sul finire dell’Ottocento.
Ma se al maestro va riconosciuto il primato d’autentica invenzione di quel seduttivo e travolgente «lessico floreale», all’allievo spetta quello d’aver realizzato il maggior numero di opere per la villeggiatura, qui diffuse tra le arterie più significative della città-giardino balneare in cui ancora ne ritroviamo circa venti, strettamente afferenti il linguaggio liberty e altri ancora da assegnargli in potenza.
Composti nel decennio 1910-1920, sono tutti contraddistinti dalla piena padronanza dell’uso dei materiali tipici della tradizione modernista: intonaci, maioliche policrome, ferri battuti; impostati a inverare la tipologia del villino posto al centro di uno spazio verde privato, seppur ben visibile dalla strada sulla quale si riversa, mediante il suggestivo skyline di edifici iconici, spesso dotati di torrette, tutta la potenza evocativa del concetto di bellezza sociale dell’arte, tipico della cosiddetta età dei Florio.
Una costellazione di edifici a due piani, muniti di logge strategiche proiettate sul verdeggiante paesaggio circostante, quando non abbiano difronte gli scorci suggestivi del golfo di Mondello, tutti diversi l’uno dall’altro a testimonianza dell’effervescenza creativa dell’autore, e tutti ancorati a modelli di riferimento riflesso dell’acme socio-economico della Belle époque, coincidente con la costruzione della stazione balneare proprio a partire dal 1910, quando Caronia Roberti realizza il «bicromo» Villino Barresi, radicato sugli scogli di via Piano Gallo, primo tassello di un mosaico in divenire. Sorgono arroccati sul viale Margherita di Savoia i villini Pastore, Arrivas e Clary, mentre superata la piazza Caboto comincia, in direzione dell’arrivo alla spiaggia, la grande lezione progettuale caroniana con lo scorrere cadenzato dei villini Fernanda, Gina, Maria, Jole, Tecla, Franca, la villa bifamiliare simmetrica e turrita Luisa al limite dell’emulazione basiliana (tutti nomi di donna), Savazzini e ancora il villino De Lisi in via delle Palme, il De Luca in via Principessa Jolanda, il Terrasi al principio della via Glauco e l’interessante Villino Pepe costruito sul lungomare di viale Regina Elena, in direzione di Punta Celesi, caratterizzato dal ricorso all’intero abaco di «basilismi» dal fronte smussato al centro delle falde convergenti ai pilastrini aggettanti, dai marker parallelepipedi alle modanature avvolgenti porte e finestre, fino all’uso strategico dei ferri battuti a motivi strettamente floreali.
Un breve trattato di architettura Liberty posto a non più di una decina di metri dalla linea della battigia; villino che insieme alle altre decine di opere costruisce uno tra gli skyline più suggestivi del retaggio Art nouveau siciliano, identitario di quelle Ville d’eau-Città d’acqua europee di inizio Novecento. Un retaggio che collima con la necessità di salvaguardia di questo delicato museo floreale a cielo aperto a scala umana, magari attraverso la richiesta di adesione al Patrimonio mondiale Unesco.
Palestra del futuro bagaglio di realizzazioni eclettiche, littorie e ancora organiche, Mondello rappresentò per Caronia Roberti il banco di prova di una carriera lunghissima, aperta qui sotto l’egida del linguaggio floreale basiliano.
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