«Non il primo caso di artista che viene da fuori e sceglie Palermo. E Max sceglie, non a caso, la Palermo del secolo scorso». Patrizia Monterosso, presidente della fondazione Federico II, presenta così l’artista Max Ferrigno, piemontese di origini ma «palermitano di adozione». E lo fa dalla sala Basile del Rocco Forte hotel Villa Igiea, perla e massima espressione del liberty palermitano. È un talk quello che approfondisce l’arte e la carriera di Ferrigno, abbondantemente spiegata e raccontata nel libro Max Ferrigno Mise en scene di un artista dispettoso, edito da Serradifalco editore, la cui autrice Laura Francesca Di Trapani, storica dell’arte e collaboratrice di Max, è presente sul palchetto installato nell’elegante salone dell’hotel. Non una scelta casuale. L’artista infatti è stato rapito, come rivela la perfetta descrizione della presidente della fondazione, dall’Art Nouveau, «le cui forme e decorazioni mi fanno ritrovare un equilibrio di ricerca e una perfezione alla quale ambire che è molto vicina alla mia metrica di racconto - spiega l’artista -. Per quanto di possano accostare le mie tematiche all’arte Pop, credo di avere molte più sinergie con i concetti filosofici con il movimento liberty proprio per questa ricerca di forme ed equilibri sinergici di pura femminilità, che possono essere poi riscontrati in un equilibro che vado a costruire in una mia opera».
L’immagine femminile è il soggetto preferito di Max, «in tutte le sue opere i soggetti maschili sono soltanto due» ricorda Di Trapani, e la sua ultima ricerca si concentra proprio sulla «ricerca spasmodica della musa definitiva - dice Ferrigno -, una vera bat-girl che con tutti i mezzi a sua disposizione, consoni e non, raggiunge l’obiettivo. Prende quello che gli è dovuto senza dire grazie o chiedere scusa a nessuno. Che soverchia patriarcati e ottiene il potere con tutte le forme di cui è capace». Una continua ricerca dunque all’ombra del liberty e raccontata nei minimi dettagli dalla sua collaboratrice e storica dell’arte, che nel libro mette in luce anche «un sodalizio tra un curatore e un artista - dice - abbiamo deciso di raccontare un percorso fatto di tanti anni insieme, opere, mostre, pubblicazioni, intrecciandolo alla sua produzione artistica di questi 10 anni. Io dico sempre che Max è la reincarnazione di un artista rinascimentale, se potesse vivrebbe in questa dimensione». Ma non solo. Il libro svela anche la vita dell’artista ai nostri giorni, «raccontandolo anche sotto il profilo umano - prosegue Di Trapani - che incuriosisce sempre chi viene a contatto con l’opera d’arte». L’immagine che esce dalla radiografia del Max dietro le quinte è quella di un anti artista, senza la testa sulle nuvole e con i piedi per terra, «molto bravo ad organizzarsi - rivela la sua collaboratrice - soprattutto nel lavoro. L’artista non finisce con l’esposizione. C’è tutta una rete dietro, quotidiana, io dico sempre che è manager di se stesso».
«Ferrigno è un altro esempio di artisti non siciliani - sottolinea Monterosso - che trovano a Palermo e in Sicilia terra di ispirazione, tenendo conto del dialogo fortissimo con la committente artistica che promana anche dall’oriente, in particolare dal Giappone. Lui ha deciso di vivere a Palermo».
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