Palermo

Lunedì 25 Novembre 2024

La Sicilia musicale dei Lero Lero: «Con le note in contatto con la nostra terra»

 
 
 
 
 
 
 

«Se chiudi gli occhi torni in contatto con la natura. L’immagine di questi cantori, epicureisti del tempo, che con il loro carro attraversavano le campagne spostandosi da una città all’altra cantando». Fotografie che vengono restituite alla mente dai canti siciliani, quelli veri, che Alessandro Bondì insieme a Fabio Rizzo, Alessandro Presti e Donato Di Trapani stanno portando alla ribalta del grande pubblico esibendosi in giro per la regione.

Con il loro gruppo, i Lero Lero, hanno già fatto un primo esordio lo scorso mese di gennaio a Carini, suonando e cantando testi e melodie antiche, diverse da ciò che «molti gruppi fino a questo momento suonano e portano sul palco - spiega Bondì -. La domanda è ‘’cosa è la Sicilia musicale?’’. È tante cose, ma non si è mai trovata una cultura univoca sotto questo profilo, non abbiamo un nostro samba o un nostro flamenco per intenderci».

Questa è la miccia che ha acceso la curiosità del neonato collettivo di artisti siciliani: quattro mostri sacri che hanno deciso di dedicarsi ad un lavoro profondo e faticoso di ricerca storica, dedito al recupero e alla reinterpretazione in chiave contemporanea della musica di tradizione orale siciliana. Canti di lavoro, di carcere, amore, sdegno, tramandati per secoli sull’isola senza che vi fosse mai nulla di scritto e che dopo l’esperienza carinese saranno pronti a far ascoltare al pubblico palermitano allo Spazio Averna, all’interno dei Cantieri culturali della Zisa il 22 giugno. Come in tante culture antiche, la tradizione dell’aedo, antico cantore professionista dell’antica Grecia che raccontava e tramandava storie e poemi epici, sopravvive senza che ci fosse mai nulla di scritto. La ricerca portata avanti da Bondì e dal collettivo si basa su registrazioni, scavate cercando e «grattando negli angoli più remoti degli archivi Rai - racconta - un infinito di registrazioni. Dopo oltre dieci anni di scrittura in siciliano volevamo inserire una radice e nelle fasi iniziali non siamo rimasti soddisfatti della musica del ‘900. Poi abbiamo trovato quella che io definirei una vera e propria pepita d’oro in fondo ad un fiume. Materiale antecedete al ‘900, grezzo ma dal potenziale infinito». La svolta arriva dal Alan Lomax, etnomusicologo, antropologo e discografico statunitense: «nel suo archivio abbiamo trovato più qualcosa - prosegue Bondì - Si tratta di un illuminato, ha raccolto materiali sonori in tutto il mondo e ha fatto un enorme lavoro anche qui in Italia e nel sud. Solo che in America dalle sue scoperte sono nati il Rock, il Blues e così via. Qui siamo rimasti fermi, imbalsamati. Non abbiamo evoluto nulla, si è rimasti a musica di folklore». Adesso, però, la. Unica sembra cambiare: i Lero Lero da mesi cominciano a pubblicizzare sempre di più questi canti, queste melodie sui social e «in molti cominciano a chiederci di cosa si tratti - sottolinea Bondì - dove possono trovare e ascoltare questo genere, definiamolo così». Un riscontro positivo che aiuta la crescita e la divulgazione di questi canti tradizionali, «che speriamo possa attirare compositori e musicisti. Mescolare questo ai funk, ad esempio, darebbe un risultato straordinario ed è quello che noi stiamo provando a fare». Il materiale è molto grezzo, spesso si tratta di contadini o altri personaggi molto umili e che quindi non riscrivano ad utilizzare ad hoc determinati strumenti. Ma nonostante tutto, «prestando molta attenzione e approfondendo sempre più le ricerche - racconta Alessandro - si trovano informazioni melodiche moto precise, sembra tutto fatto a caso, in realtà segue una logica e tutto ha un suo senso. Si ritrovano le stesse scale, gli stessi melismi. E il canto va senza tempo». Ma com’è questo ‘’samba’’ siciliano? «Percepisci nitidamente le nostre origini - spiega Bondì -, le radici del popolo siciliano. Sentire questi canti ti catapulta direttamente in Marocco, invece poi apri gli occhi e sei qui da noi, in Sicilia. Si avvertono le discendenze arabe, sembrano i canti dei muezzin». Canti arcaici e antichi, che necessitano «di tecniche di canto pazzesche e tantissimo fiato. Poi dovete immaginare questi carrettieri, che giravano per le città e cantavano, cantavano alla luna la notte e a tutti gli elementi della natura». E alcuni di questi canti sono già raccolti: «C’è chi ha fatto un lavoro strepitoso, come Elsa Cugino, a cui si dovrebbe fare una statua - dice Bondì - un lavoro di oltre quarant’anni al servizio della tradizione siciliana. E poi la fondazione Buttitta, Falk studio, Ignazio Macchiarella. Tasselli imprescindibili che hanno contribuito alla scoperta e alla diffusione di questa nostra tradizione e di queste radici».

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