«Esprimiamo soddisfazione per la presentazione del progetto di restauro del complesso di Portella della Ginestra e per l’avvio dell’iter per il vincolo di tutela del sito come bene culturale della Sicilia». A dichiararlo sono il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e la responsabile della Camera del Lavoro di Piana degli Albanesi Maria Modica, che hanno partecipato all’iniziativa all’Ars per la presentazione del progetto di restauro del monumento scultoreo, alla presenza dell’autore del Memoriale di Portella, Ettore De Conciliis, del sindaco di Piana degli Albanesi Rosario Petta, della presidenza dell’Ars, degli assessori ai beni Culturali e al Turismo, e Attività produttive, dei capigruppo di tutti i partiti, dal presidente della commissione antimafia Cracolici, della critica d’arte Silvia Mazza, dell’associazione di Portella della Ginestra e dei familiari delle vittime, tra cui l’ultimo sopravvissuto, Serafino Petta.
«Portella è un luogo della memoria che vive ogni giorno per le iniziative della Cgil, dell’Auser, delle scuole e in cui si fa memoria attiva - dichiarano Mario Ridulfo e Maria Modica -. È un luogo che ha bisogno di una cura continua e allo stesso tempo di essere inserito all’interno di un percorso della memoria, mantenendo la sua specificità. Per il movimento sindacale, oltre all’aspetto sacrale e artistico del monumento, Portella è un luogo che va valorizzato con il suo carico di storia. Un luogo da preservare e allo stesso tempo far vivere, per continuare a esercitare l’impegno civile, le lotte per i diritti, le battaglie per il lavoro e il Primo Maggio». La Cgil Palermo assieme alla associazione Portella della Ginestra nelle scorse settimane ha lanciato un appello e la richiesta, affidata in un incontro alla soprintendente Selima Giuliano, affinché il monumento venga dichiarato bene culturale della Sicilia. L’iter per il decreto, su proposta della soprintendenza, è stato già avviato dall’assessorato ai Beni culturali.
È stata proprio la Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo, su mandato dell’assessore regionale ai Beni culturali e all’identità siciliana, ad avviare l'iter per la «dichiarazione di interesse culturale» del Memoriale di Portella della Ginestra, che si trova nel territorio di Piana degli Albanesi. La procedura, che dovrà essere conclusa entro 90 giorni, è stata avviata ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio «sia per il suo riferimento con la storia, sia quale testimonianza unica dell’identità e della storia delle istituzioni collettive».
Realizzato tra il 1979 e il 1980 da Ettore de Conciliis (Avellino, 1941) con la collaborazione del pittore Rocco Falciano (Potenza, 1933) e dell’architetto Giorgio Stockel (Milano, 1938), il Memoriale è un’opera di impegno civile riconosciuta come primo intervento di «land art» in Italia, costituendo un segno importante del paesaggio e il simbolo della memoria della prima strage mafiosa in Sicilia nel secondo dopoguerra. L'opera è realizzata nel pianoro sassoso, tra il monte Pizzuto e la sottostante strada provinciale per San Giuseppe Jato, dove si verificò l’eccidio.
In occasione del primo maggio 1947 vi si erano riuniti circa duemila lavoratori, in prevalenza contadini e braccianti con le loro famiglie, per celebrare la festa dei lavoratori, manifestare contro il latifondismo e in favore dell’occupazione delle terre incolte, come facevano sin dai tempi dei Fasci siciliani. Dal promontorio sovrastante, il bandito Salvatore Giuliano e i suoi uomini, armati da forze reazionarie e mafiose per fermare il movimento contadino, aprirono il fuoco causando la morte di undici persone (otto adulti e tre bambini) e il ferimento di altre ventisette. Negli anni il monumento si è trasformato in uno spazio pubblico, patrimonio di una comunità che oltrepassa i confini del territorio, in cui ogni anno viene rinnovato l’impegno a manifestare per i diritti.
Alcuni grandi massi che ricordano dei menhir, posti attorno al «sasso di Barbato», dal nome del socialista italo-albanese Nicola Barbato fondatore e dirigente dei Fasci siciliani dei lavoratori, simboleggiano i corpi dei caduti. Un muro a secco taglia trasversalmente lo spazio, riproducendo la traiettoria degli spari. Su uno dei massi sono incisi i nomi delle vittime. Per la Soprintendenza l’opera presenta carattere di unicità e si distingue per l’approccio emotivo e una progettualità che rimarca la solennità sacrale del luogo in cui si consumò la violenza. Il valore identitario dell’installazione è esaltato anche dalla scelta dell’artista di coinvolgere tutta la comunità, a partire dalla progettazione e poi con la realizzazione, avvalendosi della collaborazione delle maestranze locali per la composizione degli elementi e la lavorazione dei materiali, volutamente selezionati in aderenza alle caratteristiche del luogo.
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