L’Italia fa da apripista e un frammento dei marmi del Partenone da Palermo volerà presto ad Atene. L’accordo col ministero greco per la cultura e lo sport è in dirittura d’arrivo e vede unite sullo stesso fronte due nazioni per secoli vittime di furti di antichità. Potrebbe essere un modello per quanto la Grecia vorrebbe che facesse la Gran Bretagna che detiene la maggior parte dei fregi del Partenone al British Museum e che finora si è ostinatamente opposta al rimpatrio. Altri musei detengono frammenti dei fregi del Partenone, tra questi il Louvre, i Musei Vaticani, il Kunsthistorisches di Vienna e il Museo nazionale di Copenaghen.
Quello al centro dell’intesa italo-greca - con il piede e parte del vestito di Artemide - viene dal fregio orientale del tempio di Atena e si trova attualmente al Museo Archeologico Antonio Salinas del capoluogo siciliano. Come previsto dalla legge italiana, sarà oggetto di un prestito quadriennale al Museo dell’Acropoli con possibilità di rinnovo per altri quattro anni. L’intesa dovrebbe essere finalizzata entro la fine di dicembre per coincidere con l’anno dell’anniversario dell’indipendenza della Grecia. Non si tratta di una restituzione. Il frammento è già stato prestato in precedenza (allo stesso Museo dell’Acropoli appena inaugurato tra 2008 e 2010), mai però per un periodo così lungo. In cambio arriveranno al Salinas prima una statua di Atena e poi un vaso protogeometrico dell’ottavo secolo avanti Cristo, periodo antecedente alla dominazione greca in Sicilia. Intanto alla grande mostra in calendario al Salinas a inizio 2022 non ci sarà invece il Giovinetto di Mozia dopo le polemiche delle scorse settimane sul prestito dell’opera.
L’accordo ricalca le linee di un’offerta fatta in novembre da Atene alla Gran Bretagna: alla vigilia di un incontro con Boris Johnson, il premier greco Kyriakos Mitsotakis aveva rinnovato la richiesta di restituzione dei marmi del Partenone offrendo in cambio tesori archeologici del suo Paese. Recentemente Downing Street, lavandosi le mani della controversia, aveva fatto sapere che la decisione sul futuro dei rilievi spetta al consiglio di amministrazione del museo: mossa in realtà priva di significato in assenza di aggiornamenti legislativi alle norme vigenti sulle dismissioni da parte dei musei britannici.
I marmi commissionati da Pericle a Fidia furono rimossi dall’Acropoli più di 200 anni fa da Thomas Bruce, settimo conte di Elgin, che all’epoca era ambasciatore britannico presso l’impero ottomano. Fregi e metope furono poi venduti al British Museum per 35 mila sterline d’oro dell’epoca, mentre il frammento ‘palermitanò finì nelle mani di Robert Fagan, archeologo e pittore che a quel tempo era console britannico in Sicilia. Fagan morì suicida nel 1816 e la sua giovane vedova vendette i materiali dei suoi scavi al Vaticano, mentre il frammento del Partenone finì (o restò) a Palermo.
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