«Il Pirata» di Bellini debutta al Teatro Massimo di Palermo e contemporaneamente sta per partire il progetto «Utopia Pirata» per riflettere sulla relazione tra creazione artistica e politica. «È un progetto pilota che andrà avanti per tutto il 2022 - spiega il soprintendente Francesco Giambrone - che ha due linee che si orientano nella stessa direzione: rafforzare il nostro rapporto con il pubblico dei giovani. Ieri sera per la "prima" abbiamo avuto in teatro 120 ragazzi dell’Erasmus e circa 40 siciliani. Poi quelli che hanno aderito al progetto sono circa 30. La domanda è questa: in che modo l’atto artistico, la regia di un’opera è un gesto politico? Ne discuteremo lunedì 18, alle 17,30, in teatro, partendo proprio dal Pirata di Bellini, e i giovani potranno confrontarsi con i registi, i musicisti, e gli attivisti politici».
«Benché sia un’opera poco rappresentata - prosegue Giambrone - si sa che il pirata Gualtiero, partigiano del re Manfredi, è un esiliato, costeggia le coste siciliane e poi fa naufragio. Quando Imogene lo trova sugli scogli con la sua truppa di fuoriusciti, canta "sorgete stranieri". Da questo grido è partita la regia di Giacomazzi e Di Ganci. Il pensiero va indubbiamente a coloro che approdano nelle nostre coste e quindi se la regia mette a fuoco il problema è una regia politica. Lo stesso si ripeterà con l’inaugurazione della stagione con «I vespri siciliani» per la regia di Emma Dante».
«Insomma - conclude il soprintendente - il teatro d’opera non è asettico, sia dal punto di vista artistico che gestionale. La politica storicamente in Italia ha generato l’arte, la committenza ha sempre il primato, e da più di 100 anni la committenza è di natura politica. Poi nel corso dei secoli il sostantivo politica si è deformato, assumendo connotazioni negative. Ma coltivare un’utopia è una cosa sana. E al Teatro interessa soprattutto avvicinare i giovani e fare di loro un pubblico adulto e consapevole».
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