Il nuovo e fiorito giardino della Real Fonderia era stata una delle ultime imprese di Rosanna Pirajno. È lì che le è stato dato l’addio oggi. In un luogo di rinascita che si affaccia sulla Cala. Lo aveva ridisegnato in memoria di Manù, sua figlia, perduta troppo presto e ricordata ogni anno con un sorriso, un bicchiere di vino bianco con le altre due sue ragazze, Cristiana e Germana Filippone, i nipoti, i generi e una sterminata famiglia allargata ad amici e affini che ancora compongono un clan di cui la prof è stata baricentro affettivo e culturale. Borghesia di Palermo che ne ascoltava la voce, ne leggeva articoli sulle riviste Mezzocielo e Salvare Palermo, e ne apprezzava persino la cucina, sia città sia nell’habitat solare di Ustica. Rosanna Pirajno è stata donna intellettuale e siciliana nel profondo. Ha praticato la militanza politica, nel Pd, fra slanci e delusioni, e ha battagliato perché persino un albero potesse avere una sorte migliore. La si ricorda intervenire su Villa Giulia e i suoi arbusti secolari malconci, sull’urbanistica incerta degli ultimi anni, sulle azioni che nella storia hanno sfigurato il patrimonio storico-monumentale della città. Leoluca Orlando amato, disamato, vissuto (che vuol dire anche un po’ subito) come un destino. L’antimafia non era una passerella per lei. Dalle stragi in poi sempre presente, anche nello strapuntino, anche in un corner, era sempre presente. Le battaglie per Palermo sono state la sua lotta a cosa nostra con un piglio tutto femminile. Lei, Simona Mafai e le altre hanno stretto un patto di energie affinché la città non gettasse alle ortiche la rivolta contro la mafia, contro il familismo amorale e l’indifferenza. A latere, mai sottovalutata, la questione di genere, i drammi, le tratte e le povertà che infieriscono sulle donne. La commissione Urbanistica del Comune, su proposta di Giusto Catania, ha chiesto di intitolarle la sala espositiva della Real Fonderia. Orlando aveva già espresso il suo cordoglio ed è favorevole. Capitolo Università. Lì Rosanna Pirajno ha incarnato l’anti-baronato. Il che l’ha resa personaggio raro. Puntualità, generosità, prossimità. Princìpi che - nessuno se l’abbia a male - tardano nella mission accademica cittadina. Se ne vedranno di suoi allievi alle esequie laiche. Aveva insegnato Disegno architettonico. Aveva lavorato a fianco di Margherita De Simone, di Tilde Marra, suo alter ego. Amava l’arte contemporanea e molto la pittura: la sua casa è una pinacoteca. Suoi amici sono stati Emilio Greco, Bruno Caruso, Aldo Pecoraino, i giovani Alessandro Bazan e Francesco De Grandi. Ci teneva a ricordare il suo passato da cattiva ragazza, autodeterminata e ribelle. Era nata a Castelbuono e rivendicava le sue origini da provinciale di montagna. Era laica ma aveva un Dna sociale cattolico. Talvolta confessava vasti sensi di colpa. Ma era difficile credere che potesse aver commesso errori imperdonabili. Ragionava, polemizzava, soffriva e sorrideva, era meridionale. Al suo desco trovavi domestici e Sergio Staino, pittori di fama e giardinieri. È questo il suo dono a Palermo, l'incontro con tutti sorretto da curiosità democratica. Si era fatta social essendo trasversale nelle amicizie. Ha dato conto della malattia quasi fino all’ultimo con foto e frasi di babbìo. Una volta, già in là con gli anni, si tinse i capelli corti di un rosso tiziano. La guardavi e dicevi: voglio invecchiare come lei. Nella zona di Villa Sperlinga la conoscono tutti, dal cassiere del supermarket all’assessore regionale. Sfrecciava sulla sua Vespa blu salutando a destra e a manca. Lo scooter guidato fino a pochi anni fa è adesso nella mani di Paola, una dei suoi tre amati nipoti. Lascia questo Rosanna Pirajno, memorie da un’upper class che ha scelto di non sonnecchiare declinando con gentilezza, lotta, umanità, impegno civile e proposta. Un’eredità da non sprecare.