Palermo

Venerdì 22 Novembre 2024

L'artista Uwe Jaentsch lascerà la Vucciria di Palermo e cancellerà le sue rose

Uwe Jaentsch

PALERMO. Su quelle rose che da anni sono la sua cifra stilistica e che ha dipinto a decine sul soffitto di palazzo  Lo Mazzarino ha scritto con la vernice nera «Non si vende», in aperta polemica con quell'ordinanza di «sgombero immediatamente eseguibile» emessa il 13 marzo scorso. Uwe Jaentsch, 48 anni, austriaco, fautore dell’arte negli spazi pubblici, tema di per sé divisivo, respinge al mittente le accuse di occupazione abusiva e insieme alla compagna, Costanza Lanza di Scalea, annuncia che andrà «via da Palermo e dall’Italia». «Non ha senso rimanere qui - spiega - non voglio più un compromesso, dipingerò tutto di nero, volevo coprire le rose col cemento, ma sarebbe stato troppo pesante da reggere per l'edificio, e poi - ironizza - non voglio portare io qui il cemento dell’abusivismo devo andare avanti, da tre mesi la pioggia ci tortura». Per capirlo basta inerpicarsi dentro i ruderi del cuore storico del mercato della Vucciria, in quel che resta dello storico palazzo che Uwe ha trasformato in casa museo, dopo aver scritto sulla facciata «Uwe ti ama». «Qui viviamo grazie a un comodato d’uso di parola con la ex proprietaria, Lella Feo - precisa Costanza - come fa a dire che non abbiamo bagno e cucina? Abbiamo anche un gruppo elettrogeno». Tra scale sconnesse, muri in parte crollati, crepe e infiltrazioni, percorrendo una pavimentazione traballante si arriva alla «Stanza di compensazione», nome scelto provocatoriamente per ricordare un debito di «25 mila euro che l'assessorato al turismo regionale del 2012 non mi ha mai saldato». Oggetto del contendere è il progetto di riqualificazione di una cordata di privati coordinati dallo studio Pl5 di architettura dei palazzi Rammacca, Sperlinga e Mazzarino che fanno da quinta alla piazza Garraffello nel cuore della Vucciria. Uwe e Costanza si sono opposti, continuando ad abitarvi, fermando così di fatto i lavori. «La nostra è una disobbedienza civile, siamo stati attaccati perché chiediamo trasparenza - dice Costanza - verso un progetto che vuole cancellare la memoria di questo luogo e che vuole trasformare con denaro pubblico la Vucciria in una zona residenziale. Questo è un atto fuori legge, oltretutto da 5 mesi ogni fine settimana assistiamo a una militarizzazione continua della piazza con un enorme dispendio di denaro pubblico, è repressione». «In 4 mesi e mezzo sono stati arrestati solo due spacciatori - aggiunge Uwe - spiegatemi dopo 19 anni che sto qui cosa vuol dire essere abusivo». Ma la protesta di oggi è solo il culmine di un lungo braccio di ferro in polemica con l’amministrazione e le istituzioni: nel 2006 la sua «cattedrale dei rifiuti», installazione alta 27 metri realizzata nella Loggia dei Catalani con ingombranti portati anche dagli abitanti del quartiere, viene smantellata da forze dell’ordine e netturbini perché «pericolosa e senza autorizzazioni». Nel 2011 Uwe fascia palazzo Di Napoli ai Quattro Canti con 5 chilometri di nastro bianco e rosso da segnaletica per denunciare il degrado dei luoghi d’arte, ma dopo pochi giorni viene tolto tutto. Nel 1999, quando arriva a Palermo, decora le 19 stanze sventrate della Loggia dei Catalani con le prime rose utilizzando 400 bombolette spray. Ma quando nel 2014 il rudere crolla, il Comune chiude la piazza innalzando dei muri: l’ironia dei giovani che frequentano la Vucciria lo trasforma in una parodia del Muro di Berlino, con frasi e disegni che evocano il famoso Checkpoint Charlie, tra Vucciria Est e Ovest, con l’immagine di Uwe contrapposta a quella del sindaco. A maggio dello stesso anno la provocatoria scritta «Vendesi» fatta da Uwe sulla fontana della piazza Garraffello, «abbandonata da anni all’incuria con parti mancanti, e una cancellata a cui è meglio non appoggiarsi», sottolinea. Nel 2016 la scritta «Durex tropic» su un edificio della piazza trasformato in gigantesca scatola di preservativi, in analogia tra il «sesso sicuro e la messa in sicurezza dell’edificio, coperto di cemento armato. Vogliono cancellare col cemento le tracce di chi è nato e vive da sempre qui».

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