PALERMO. E' morto ieri sera l'architetto Umberto Di Cristina. Aveva 90 anni ed era nato a Marsala. Scompare uno degli interpreti più originali dell'architettura in Sicilia. Nel 1976 vinse la cattedra come professore ordinario all'Università di Palermo e fino al 2000 è stato ordinario di Urbanistica alla facoltà di Ingegneria di Palermo. Molti dei suoi studenti lo ricordano per i suoi metodi di insegnamento fuori dal comune. "Ho alimentato sentimenti di correttezza, deontologia, moralità - raccontava - ho insegnato in modo da suscitare più dubbi che certezze" Una professione, la sua, iniziata "stentatamente, come tutti i giovani", diceva. E in effetti i suoi primi lavori furono "cose da poco" per lui: tra questi, una tomba che non riuscì a completare perché il committente morì prima, una casa popolare a Patralia e una più importante nel capoluogo. Ma stava soltanto prendendo la rincorsa: già negli anni '50 il professore Di Cristina lavorava alle Case Popolari. Dopo arrivò la direzione dei lavori per la costruzione del Villaggio Macchitella dell'Eni a Gela e successivamente, nel '58, l'apertura di uno studio insieme alla moglie Luciana Natoli, prematuramente scomparsa. Nel 1966 ricevette il Premio In/Arc per le architetture e nel 1968 realizzo l'Ospedale di chirurgia toracica di Palermo. E poi ancora, nel '79 il Centro ustioni dell'Ospedale Civico, il Grand Hotel desTemples di Agrigento e poi il Palacongressi, il Palazzo di Giustizia e l'Ospedale Civico.Tra i suoi lavori più importanti è conosciuto ci sono quelli allo Stabilimento di Mondello e anche la ristrutturazione del Malaspina. Le sue linee ispiratrici si pongono all'incrocio tra art nouveau, liberty, ispirazioni gotiche. Amico di importanti figure dell'architettura italiana, tra cui Paolo Portoghesi e Giuseppe Samonà. Tra il 1979 e il il 1981 era stato uno dei quattro saggi incaricati di elaborare il piano programma di Palermo. Il gruppo era coordinato da Giuseppe Samonà e, oltre a Di Cristina, ne facevano parte anche Giancarlo De Carlo e Anna Maria Borzì. La loro visione dei problemi urbanistici del centro storico, da rivitalizzare come luogo di promozione culturale da sottrarre alla speculazione edilizia, suscitò grandi fermenti e polemiche. Di Cristina aveva portato nel gruppo dei "saggi" la sua personalità prorompente che si poneva come anello di congiunzione tra politica e cultura. Lui stesso era stato un dirigente del Psi. Ma l'attività prevalente di urbanista lo aveva impegnato in un confronto con i movimenti europei. Da oltre un trentennio aveva avviato un legame di vita e culturale con Domitilla Alessi, proprietaria della casa editrice Novecento, che è anche una libreria il cui arredo è stato progettato proprio da Di Cristina. Per sua disposizione, non saranno celebrati funerali. Il corpo dell'urbanista sarà cremato.