PALERMO. Il Museo Archeologico Antonino Salinas custode di un patrimonio storico di grande rilievo, tra i più visitati della nostra regione, racconta ai viaggiatori e appassionati, diverse fasi dell'arte e della civiltà della Sicilia occidentale, dalla preistoria alla tarda età romana documentando la storia del collezionismo sette-ottocentesco attraverso collezioni e reperti, in alcuni casi anche di provenienza non siciliana.
Dal 2013 a capo del Museo Salinas, c’è Francesca Spatafora, con energia e senso della sfida il direttore ha innescato in questi anni un processo di “rivitalizzazione” utilizzando oltre ai normali strumenti di valorizzazione, anche e soprattutto, una particolare attenzione al contesto urbano e sociale circostante il sito, alla didattica finalizzata alla conoscenza dei luoghi, all’utilizzo costante e aggiornato dei social network, la cui cura è affidata a Sandro Garrubbo, al dialogo con i vari linguaggi del contemporaneo: tutto per amplificare la fruizione di spazi e collezioni, nonostante i lavori di restauro in corso e disagi vari, che però non hanno mai ostacolato le attività del Museo.
Un museo aperto che accoglie esposizioni, concerti, conferenze e diventa contenitore creativo capace di attrarre a sé un pubblico sempre maggiore.
Parole chiave della sua politica sono: accessibilità e luminosità.
È infatti questa la sensazione che si ha passeggiando lungo i cortili e i corridoi del Salinas, lontanissimi dall’idea di “polverose” e monotone sequenze di reperti si percepisce invece un senso di ariosità sia nell’allestimento delle opere che nella loro comunicazione, tanto che esse sembrano offrirsi alla vista, stimolandone la curiosità.
La luce filtra ovunque da sequenze vetrate, entra dalle corti silenziose e piene di vegetazione e inonda le sale che accolgono tra i tanti reperti anche i famosi Decreti di Entella, la collezione del console inglese Robert Fagan (che comprende un frammento del fregio orientale del Partenone), i materiali votivi dal Santuario di Demetra Malophoros, e infine le irripetibili testimonianze della Magna Grecia raccolte nelle otto sale, interamente dedicate a Selinunte.
Il restauro condotto da Stefano Biondo ha il suo culmine nel Terzo Cortile con copertura a vetri, spazio questo pieno di luce che rappresenta un esempio interessante di recupero perché apre a un utilizzo molteplice e innovativo.
In questo spazio in primavera sarà infatti realizzato il progetto che il Salinas ha in corso con la Fondazione Merz di Torino e che li vedrà insieme “contaminare” lo spazio con le opere di Mario Merz, in un’operazione che si preannuncia decisamente suggestiva.
Una possibilità per allargare l’orizzonte di comprensione di un’identità culturale che non può mai prescindere dal passato, ma nemmeno esimersi dal naturale confronto con il tempo presente.
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