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Traffico e spaccio di crack a Bagheria, lo stipendio fisso dei pusher

Quattrocento euro a settimana come stipendio per i pusher, garage e magazzini presi in affitto per nascondere i carichi di cocaina da trasformare in crack, incassi sino a mille euro al giorno. L’inchiesta sullo spaccio a Bagheria, che due giorni fa è sfociata nel blitz dei carabinieri, con dieci arresti e altri otto indagati, ha permesso di delineare i vari ruoli degli indagati e il giro d’affari del gruppo guidato, secondo l’accusa, da Emanuele Cannata, pregiudicato di 30 anni che avrebbe gestito il business pur trovandosi agli arresti domiciliari. Grazie a una telecamera installata nel sistema wi-fi collegato al braccialetto elettronico imposto all’uomo, gli inquirenti hanno acquisito preziosi elementi sfociati nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Claudia Rosini su richiesta dei magistrati della Dda.

Cannata, secondo l’accusa, si sarebbe avvalso della collaborazione di tre fidati personaggi: Daniele Lo Medico, Giovanni Napolitano e Giancarlo Girgenti, anch’essi finiti in manette nella retata e che si sarebbero occupati di gestire la piazza di spaccio installata nel complesso di edilizia popolare di via Giotto, dove, oltre a ricevere i clienti, provvedevano anche a «cucinare» la cocaina per trasformarla in crack (il cosiddetto processo di basatura) e di rendicontare quasi quotidianamente i proventi dell'attività a Cannata. Per il loro lavoro avrebbero ricevuto una paga di 400 euro a settimana.

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