Dall’Osservatorio di Palermo la scoperta del pianeta solitario più vorace dell’universo
Scoperto un pianeta orfano, che vaga cioè senza orbitare attorno a una stella, e che cresce alla velocità record di ben 6 miliardi di tonnellate al secondo. La scoperta di questo anomalo e vorace pianeta solitario è pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, la ricerca è stata coordinata da Víctor Almendros-Abad, dell’Osservatorio Astronomico di Palermo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, e ha utilizzato le osservazioni fatte dal Very Large Telescope dell’Osservatorio Europeo Australe. «Si potrebbe pensare ai pianeti come a mondi tranquilli e stabili, ma con questa scoperta vediamo che gli oggetti di massa planetaria che fluttuano liberamente nello spazio possono essere entusiasmanti», ha detto Almendros-Abad. Indicato con la sigla Cha 1107-7626, il pianeta vagabondo ha una massa da cinque a dieci volte superiore rispetto a quella di Giove ed è distante circa 620 anni luce. I pianeti privi di una stella intorno alla quale orbitare, come questo, non emettono luce e di conseguenza sono molto difficili da osservar e se ne sa ancora molto poco. Secondo alcuni sono pianeti che vagano nello spazio interstellare perché espulsi dal sistema nel quale orbitavano, ma secondo altri questi oggetti sarebbero invece una sorta di stella mai nata, ossia un abbozzo di stella che non ha potuto raggiunto la dimensione necessaria per attivare i processi di fusione nucleare. Analizzando il pianeta più volte, a distanza di poche settimane, con la potente vista del telescopio Vlt in Cile, i ricercatori sono riusciti a verificare che era cresciuto molto rapidamente, al ritmo di sei miliardi di tonnellate al secondo. Le osservazioni hanno permesso di scoprire dettagli finora non noti dei processi di accrescimento di questi enigmatici corpi celesti. Per esempio, che a guidarne la crescita è il loro campo magnetico e che questo processo è accompagnato da emissioni di energia e può portare anche alla modifica della sua composizione chimica. Per Belinda Damian, dell’Università britannica di St Andrews e coautrice della ricerca, questa scoperta «spinge a rendere indistinguibile il confine tra pianeti e stelle e ci offre una visione inedita riguardo alla formazione dei pianeti vagabondi».