Una lite nata da vecchie tensioni mai sopite e alla fine esplose in una violenta rissa tra due gruppi rivali, culminata in un accoltellamento che ha lasciato due uomini gravemente feriti. È successo la notte dell’8 agosto 2025 in Corso dei Mille a Palermo, dove almeno quindici persone si sono affrontate in strada gettando il quartiere nel caos e nel sangue. A riportare le conseguenze peggiori sono stati Cristian Mannino, 27 anni, e Anthony Giambertone, 35, colpiti da più fendenti al torace e all’addome. Entrambi sono stati trasportati d’urgenza prima all’ospedale Buccheri La Ferla e poi al Civico, dove i medici hanno diagnosticato per Giambertone uno «shock emorragico da trauma da accoltellamento» e per Mannino «ferite penetranti con interessamento polmonare e renale». Per entrambi la prognosi è stata lunga e complessa e ancora non sono del tutto fuori pericolo. A indagare sull’accaduto sono stati i carabinieri della stazione di Brancaccio, che hanno raccolto immagini delle telecamere, testimonianze e intercettazioni telefoniche. Inizialmente, alcuni familiari avevano parlato di un «incidente stradale» per giustificare le ferite, ma i riscontri medici hanno subito chiarito che si trattavano di coltellate. Non ci sono stati tamponamenti né scontri tra veicoli: l’episodio è nato e si è consumato a piedi, davanti alle abitazioni. Le indagini hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Francesco La Vardera, 25 anni, Giuseppe Quartararo, 21, Paolo Filippone, 43, Francesca Mannino, 35, e dello stesso Cristian Mannino, tutti accusati di rissa aggravata. Per il diciassettenne, ritenuto l’autore materiale delle coltellate, invece è scattata l'accusa di tentato omicidio. Secondo quanto ricostruito, la rissa è esplosa intorno alle 23.20, nei pressi del civico 629 di Corso dei Mille, dove abitano alcuni dei protagonisti. Dai filmati si vedono diverse auto fermarsi di colpo: una Volkswagen Polo, una Kia Soul e una Lancia Musa. Scendono in fretta più persone, tra cui il minorenne, riconoscibile dalla maglietta nera con fascia rossa e scritta bianca Gcds. Con lui ci sono anche alcuni parenti e amici, mentre dall’altra parte si schierano i Filippone, i Mannino e Giambertone. Dalle indagini emerge che le due fazioni avevano vecchi conti in sospeso. Le famiglie si conoscevano, si frequentavano in passato, ma divergenze e screzi avevano alimentato rancori profondi. In una testimonianza, Francesca Mannino racconta che il fratello Cristian e Giambertone erano amici da anni, ma «nell’ultimo periodo le cose si erano raffreddate» e «già nei giorni precedenti c’erano stati litigi e parole grosse». Le immagini mostrano momenti concitati: il più piccolo di tutti arriva armato di coltello, mentre la madre, tenta più volte di fermarlo. Lo afferra per il braccio, cerca di allontanarlo, ma il ragazzo si divincola e corre verso il centro della rissa. Secondo gli inquirenti, è proprio lui a sferrare i colpi che feriranno gravemente Mannino e Giambertone. Decisive per la ricostruzione sono state le intercettazioni. In una conversazione la moglie di Giambertone, parlando con la suocera esclama sconvolta: «Mi hanno fatto vedere una foto… è stato un cazzittello di quattordici anni! Vedi che danno che ha fatto». In un’altra chiamata, Paolo Filippone, cognato di Cristian Mannino, manifesta rabbia e desiderio di vendetta: «Un cacallezzo non può fare tutto questo danno… non mi arrendo, Nino, non mi arrendo». Le intercettazioni rivelano anche il ruolo attivo di Francesca Mannino, sorella di Cristian, che ammette di essere intervenuta fisicamente nella rissa: «Io gliel’ho tolto dalle mani, l’ho appiccicato al muro… Alessio mi ha visto». Secondo gli investigatori, qualcuno avrebbe liberato il diciassettenne dalla presa di Cristian, consentendogli di colpire: sarebbe stata proprio la madre del ragazzo, che in seguito, secondo quanto riferito da Francesca, «è venuta da me e mi chiedeva scusa». Il giudice per le indagini preliminari, Carmen Salustro, ha disposto misure cautelari per i cinque indagati maggiorenni, ritenendo «sussistenti gravi indizi di colpevolezza» e sottolineando «il concreto pericolo di reiterazione». La posizione del minorenne sarà valutata separatamente dal tribunale dei minori, dove dovrà rispondere di tentato omicidio.