Palermo, allarme sicurezza nel centro storico, i cittadini vanno in questura: «Degrado insostenibile»
L’escalation di rapine violente, risse a colpi di coltello e bottiglie, azioni delinquenziali, scippi e borseggi nel centro storico, spinge il comitato Uniti per il quartiere a lanciare un nuovo grido di allarme e a chiedere con forza maggiore presenza delle forze dell’ordine con presidi stabili. Alcuni rappresentanti del gruppo di cittadini, con in testa Rosalia Spinnato e il vicepresidente della prima circoscrizione, Antonio Nicolao, si sono presentati in questura per chiedere un incontro e rinnovare l’istanza diretta a garantire sicurezza nell’area tra via Maqueda, corso Vittorio Emanuele e la stazione centrale, dove da mesi la scia di reati sembra non avere fine. Il questore Vito Maurizio Calvino dovrebbe ricevere i rappresentanti del comitato nei prossimi giorni. «Lo abbiamo detto in tutte le sedi istituzionali - dicono gli esponenti di Uniti per il quartiere - anche in occasione della recente visita del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in prefettura, dove abbiamo organizzato un sit-in di protesta. Nel centro storico la violenza e il degrado sono arrivati a livelli insostenibili, occorrono presidi fissi e pattuglie che sorveglino l’area costantemente. Un sistema per consentire di scoraggiare i malintenzionati e garantire il rapido intervento delle forze dell’ordine in caso di reati». Solo due giorni fa, in pieno giorno e sotto gli occhi terrorizzati dei turisti, una decina di tunisini si sono affrontati con coltelli e bottiglie tra via Torino e vicolo Santa Rosalia, strade che portano a via Maqueda e a Ballarò dove «feriti da accoltellamenti, risse, spaccio, bivacco e molestie sono la consuetudine - aggiunge Nicolao -. Lo abbiamo detto con gli esposti e con le tante manifestazioni pubbliche organizzate nel tempo. Non smetteremo di chiedere sicurezza e tranquillità». Tra le richieste principali quelle di un presidio fisso lungo l’asse di via Maqueda, fra i Quattro Canti e la stazione centrale, secondo il comitato poco controllato dalle forze dell’ordine. «Quando fu ucciso il ragazzo tunisino, l’anno scorso, per alcuni giorni i controlli ci furono - conclude Nicolao - e la situazione migliorò. Poi però sono stati tolti e tutto è tornato come prima».