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Tommaso Inzerillo resta al 41 bis, la Cassazione respinge il ricorso del boss

Aveva chiesto la revoca del regime di carcere duro. Considerato uno degli scappati, coloro che erano fuggiti negli Stati Uniti all’inizio degli anni '80, Inzerillo si salvò la vita, evitando la mattanza voluta dai corleonesi

Tommaso Inzerillo

La settima sezione della Cassazione ha respinto il ricorso del boss palermitano Tommaso Inzerillo, detto Scarpuni (Scarpone), che aveva chiesto la revoca del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per mafiosi e terroristi.

Il capo della cosca di Passo di Rigano aveva sostenuto di non avere più collegamenti col territorio, ma i supremi giudici hanno dichiarato inammissibile l’impugnazione del provvedimento emesso a marzo scorso dal tribunale di Sorveglianza di Roma. I magistrati avevano allora confermato la proroga del carcere duro, disposta dal ministero della Giustizia a gennaio 2024 e la Cassazione adesso non ha trovato elementi nuovi e diversi da quelli già esaminati dai giudici di merito.

Considerato uno degli scappati, coloro che erano fuggiti negli Stati Uniti all’inizio degli anni '80, Inzerillo si salvò la vita, evitando la mattanza voluta dai corleonesi di Totò Riina, volando Oltreoceano. Molti esponenti della famiglia mafiosa e di sangue dello Scarpuni erano infatti finiti nel mirino, come il capo più rappresentativo di Passo di Rigano e Uditore, Totuccio Inzerillo, assassinato a Palermo l’11 maggio 1981, tre settimane dopo il referente delle famiglie dell’altro capo della città, Stefano Bontade, il principe di Villagrazia.

Fu l’inizio della guerra di mafia che in un anno costò la vita a mille persone circa. Tornato in città, nel 2019 Tommaso Inzerillo fu arrestato nel blitz New Connection, che ricostruì i rapporti tra i clan di Passo di Rigano e quelli americani.

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