Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

«Una corruzione sistemica», così agiva la cricca dell’Urbanistica al Comune di Palermo

Imputati condannati perché fra dirigenti comunali, professionisti e imprenditori c’erano «intese e scambi di utilità. Agevolati proprietari e costruttori interessati a fare affari»

«È risultata confermata l’esistenza di una prassi sistemica di intese corruttive tra proprietari, imprenditori e professionisti operanti nel settore dell’edilizia da un lato, e pubblici ufficiali, a vario titolo incaricati della valutazione dei progetti costruttivi di interesse dei primi, dall’altro». Nelle motivazioni della sentenza sulla cosiddetta «cricca» dell’Urbanistica al Comune di Palermo, il collegio della terza sezione del tribunale, presieduto da Fabrizio La Cascia, ha evidenziato che «anche in epoche diverse e con condotte esecutive protrattesi nel tempo, i pubblici ufficiali Monteleone e Li Castri… nonché, successivamente, Terrani e Lo Cascio… hanno orientato lo svolgimento delle rispettive funzioni pubbliche, talora anche mediante il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio».
Una maniera per agevolare «gli interessi di taluni proprietari immobiliari o imprenditori edili interessati alla realizzazione di grandi progetti immobiliari, tra cui in particolare la Biocasa e per essa gli imprenditori Lupo e La Corte, e da garantire loro la positiva e celere approvazione di tali progetti». Si tratta di vicende avvenute durante il periodo in cui la giunta era guidata da Leoluca Orlando, del tutto estraneo all’inchiesta (denominata Giano Bifronte), e che lo scorso 31 gennaio sono costate pesanti condanne in primo grado.

Nelle 241 pagine il Tribunale ricostruisce i ruoli e le responsabilità di ciascun imputato: Giovanni Lupo, definito «socio occulto e dominus» della Biocasa, ha avuto 8 anni; Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone, indicati come funzionari in grado di orientare pratiche edilizie di interesse della società, sono stati condannati a 7 anni ciascuno; Fabio Seminerio, direttore dei lavori e parte integrante del patto corruttivo, a 5 anni. Pene più lievi, tutte con la condizionale, per Francesco La Corte (un anno), Sandro Terrani (8 mesi) e Giovanni Lo Cascio (un anno).

La rete si sarebbe retta su uno scambio costante di favori: «In cambio - si legge ancora nelle motivazioni - gli stessi pubblici ufficiali hanno ricevuto nel tempo utilità e incarichi professionali, tra cui in primis la designazione, da parte dei beneficiati, di professionisti vicini ai medesimi (Seminerio nel caso di Li Castri, D’Attardi nel caso di Monteleone) quali incaricati di attività di progettazione, direzione dei lavori e consulenza». La sentenza riunisce in un unico quadro le due operazioni finite nel mirino come la realizzazione di nuovi complessi edilizi nelle ex aree industriali e la lottizzazione di via Evangelista Di Blasi, dove una variante aumentò le unità abitative da 72 a 96. Sia Lupo che La Corte «hanno in diverse occasioni giocato un ruolo attivo nell’assumere iniziative finalizzate a ingraziarsi i pubblici ufficiali di volta in volta coinvolti», si legge nero su bianco. In alcune occasioni La Corte agì «come mero esecutore delle decisioni di Lupo» mentre in altre «a prescindere dagli input», avrebbe preso lui stesso l’iniziativa, in particolare nei confronti dei consiglieri comunali Terrani e Lo Cascio «in cambio della loro messa a disposizione». Per i giudici, Li Castri «si occupò direttamente» della concessione, nonostante fosse coinvolto come direttore dei lavori il suo ex socio e amico Seminerio, «lavorando alacremente» per chiudere l’iter entro fine anno. Così come Seminerio, per il Tribunale, «non può considerarsi terzo estraneo», ma parte di «un unico centro di interessi con l’amico Li Castri».

Digital Edition
Dal Giornale di Sicilia in edicola

Scopri di più nell’edizione digitale

Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.

Leggi l’edizione digitale
Edizione Digitale

Caricamento commenti

Commenta la notizia