Erano le 8,10 di mattina dell’11 agosto 1982: il professor Giaccone era sceso dalla Peugeot personale, davanti al suo Istituto del Policlinico. Tre killer lo assalirono con un fuoco incrociato. La vittima morì sul colpo uccisa da 5 pallottole. «Un delitto tanto più esecrando in quanto in pregiudizio di una persona integra e retta», riportava il rapporto giudiziario della Squadra Mobile. Giaccone non aveva voluto modificare, malgrado avvertimenti e minacce, una perizia balistica che inchiodava l'autore di quattro omicidi mafiosi avvenuti a Bagheria nel 1981, la cosiddetta «strage di Natale»: Pino Marchese, che aveva agito per volontà dei boss di Corso dei Mille. Profondo è il pozzo della storia. È necessario togliere la polvere che si accumula sugli eventi umani, tessendo i fili della memoria e ricordando Paolo Giaccone e il suo magistero, per contribuire a diffondere la cultura della legalità, il rigore del vivere civile, l’educazione dei giovani. Precetti che egli praticò nella sua esistenza e promosse dalla cattedra. Dopo oltre quarant’anni i ricordi possono confondersi. Sono rimasto tra i pochissimi, nella medicina accademica di Palermo, che l’hanno conosciuto e hanno lavorato e insegnato con lui. Parlare di Paolo è per me dovere morale. Giaccone era nato a Palermo il 31 marzo 1929. L’istruzione cattolica dei gesuiti lo permeò per tutta la vita, unita a sentimenti di solidarietà e impegno sociale. Si iscrisse nel 1947, a medicina, frequentando l’Istituto di Medicina Legale. Fu allievo del prof. Ideale Del Carpio; nel 1953 Giaccone si laureò con il massimo dei voti e lode, con una tesi in ematologia forense. Con il prof. Del Carpio fu ideatore e fondatore del centro trasfusionale dell’Avis, donando per ben 56 volte il suo sangue. In tema di donazione di organi e sangue fu antesignano, trasformando un transitorio atto di pietà in «cultura della donazione». Uomo intelligente, equilibrato, antiretorico, fu profondamente legato alla famiglia. Ebbe alto il senso delle istituzioni. Giaccone fu per decenni consulente di magistratura, istituzioni, corpi dello Stato. Le sue perizie e autopsie su illustri personaggi presentano uno spaccato dei delitti della criminalità organizzata di quei decenni: Piersanti Mattarella, Michele Reina, il colonnello Russo e il capitano Emanuele Basile, Gaetano Costa, Cesare Terranova, Lenin Mancuso, Mario Francese. Nessuno può e vuole fare una graduatoria degli eroi. Mentre per alcune professioni si può pensare anche a morte drammatica, Paolo Giaccone voleva solamente dedicarsi ad una vita di studi, insegnamento e ricerca, coltivando i suoi hobby, prima fra tutti la musica. Dopo l'uccisione Rettore e Senato accademico intitolarono subito a Giaccone il Policlinico, prima chiamato «Filiciuzza». Era animato da «passioni abituali»: onestà, onore, rispetto degli uomini, rifiuto di corruzione e intimidazioni. Un eroismo quotidiano senza riflettori, che ogni buon professionista dovrebbe praticare. Un dovere continuo, semplice, ordinario. Quel giorno Paolo Giaccone morì anche per tutti i medici che agiscono con limpida correttezza. L'articolo completo sul Giornale di Sicilia in edicola e nell'edizione digitale.