Stanchezza, caldo, chilometri macinati sotto il sole. Ma anche sorrisi, abbracci, lacrime di gioia, e la forza di sentirsi parte di una comunità viva, giovane, credente. Per i 33 giovani dell’Istituto Salesiano Don Bosco Ranchibile di Palermo, il Giubileo dei Giovani 2025 è stato molto più di un viaggio: un’esperienza profonda, intensa, capace di scavare dentro e lasciare segni. E sono state le loro testimonianze, inviate alla redazione di Gds.it, a comporre il puzzle di un'esperienza che ha lasciato «un solco importante» nelle loro vite.
Ad accompagnare il gruppo, don Alfredo Calderoni, direttore dell’Oratorio Don Bosco Ranchibile, che definisce l’esperienza «unica e forte, umanamente e spiritualmente». Tra le tappe più significative ricorda le tre Porte Sante attraversate (San Pietro, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura), la celebrazione penitenziale con tutti i giovani del MGS Sicilia e la notte a Tor Vergata, «una notte di Grazia» vissuta accanto a migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo. «Porto nel cuore – dice – la gratitudine per quanto ricevuto e la bellezza di vedere occhi, cuori e volti luminosi al rientro. Accompagnare un gruppo di 33 giovani è sempre una responsabilità, ma vederli felici e rinnovati nello spirito è una grazia per cui vale la pena continuare a spendersi».
C’è chi al Giubileo ha partecipato da volontaria, come Gloria Tinaglia, che ha messo a disposizione tempo, energia e cuore per accogliere e assistere i pellegrini. «“Pellegrini di Speranza”: parole che sembrano semplici, ma che portano dentro un cammino – racconta –. Anche nel servizio e nella fatica si costruisce speranza. Nei volti stanchi ma felici dei giovani che ho incontrato, ho ritrovato Dio». Dal 25 luglio al 2 agosto, Gloria ha vissuto l’esperienza a stretto contatto con i pellegrini nella casa salesiana del Pio XI, tra preparativi, distribuzione pasti, pulizie e assistenza. «Nella fatica – conclude – ho sentito forte l’abbraccio del Signore. E io questo abbraccio l’ho vissuto in pienezza».
E poi c’è Antonella Leone, pellegrina tra i pellegrini, che ha attraversato Roma con migliaia di coetanei, sentendosi parte di qualcosa di molto più grande. «Non dimenticherò i sorrisi, la fatica, le parole scambiate lungo la strada – racconta –. Il cammino più importante, però, è stato quello dentro di me. Cercavo Dio, e l’ho trovato nel silenzio, nella fraternità, nei gesti semplici». L’arrivo a Tor Vergata è stato il culmine: «Vedere il Papa, ritrovarsi tra volti di tutto il mondo, è stato come ricevere una conferma silenziosa: sei nel posto giusto, non sei sola».
Il Giubileo si è concluso, ma il cammino, quello della fede, della fraternità, della speranza, continua. Questo emerge dalle parole di don Alfredo Calderoni. «Si è tornati a Palermo più stanchi, forse, ma decisamente più ricchi. Di relazioni, di emozioni, di fede vissuta sulla pelle. Un cammino che, come ricordano gli stessi ragazzi, "vale ogni passo, ogni goccia di sudore, ogni silenzio cercato". Perché, in fondo, anche oggi essere pellegrini significa credere che un mondo diverso è possibile. E iniziare a costruirlo, un gesto alla volta».
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