Palermo

Sabato 19 Luglio 2025

La strage di via D'Amelio, la commemorazione alla caserma Lungaro. La lettera aperta della nipote di Emanuela Loi

Questa mattina, in occasione del 33° anniversario della strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i poliziotti della scorta Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli, la Polizia di Stato ha ricordato il tragico evento alla presenza del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Vittorio Pisani. La commemorazione, che ha visto la partecipazione dei familiari delle vittime, di autorità civili e militari, ha avuto inizio con la deposizione, da parte del Ministro dell’Interno, di una corona d’alloro presso la lapide in ricordo dei caduti posta all’interno dell’Ufficio scorte. Successivamente, al termine della Santa Messa di suffragio, celebrata nella cappella della Caserma “Pietro Lungaro” dal Cappellano della Polizia di Stato, don Massimiliano Purpura, è stato proiettato, presso la Sala Corona, il docufilm «I ragazzi delle Scorte: Fabio» dedicato al poliziotto Fabio Li Muli, il più giovane tra gli agenti di scorta che persero la vita il 19 luglio 1992. L’episodio, che ripercorre la sua vita attraverso le voci delle sorelle Tiziana e Sabrina e della fidanzata Victoria Elena de Lisi, fornisce il ritratto di un ragazzo che credeva fortemente nella legalità e che non voleva essere un eroe ma solo un uomo giusto. Per l’occasione Emanuela Loi, omonima nipote della poliziotta caduta, agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Cagliari, ha voluto ricordare la zia, pur non avendola mai conosciuta, con una lettera aperta nella quale esprime nei suoi confronti un sentimento d’orgoglio per l’esempio di coraggio e dedizione e riconosce come il suo estremo sacrificio le abbia insegnato il significato del senso del dovere e l’importanza di lottare per ciò che è giusto.

La lettera aperta di Emanuela Loi

Cara Emanuela, nonostante io non abbia avuto la fortuna di conoscerti, sento una profonda connessione con te. Il tuo nome, che porto con orgoglio, è un costante promemoria del tuo coraggio e della tua dedizione alla giustizia. La tua storia, il tuo sacrificio mi hanno insegnato l'importanza di lottare per ciò che è giusto, anche di fronte alle difficoltà. Emanuela Loi ha 32 anni, un'età che sua zia Emanuela non ha mai vissuto, uccisa a 24 anni dal tritolo che sventró via D'Amelio. Non si sono mai conosciute. Ma indossano la stessa divisa. Emanuela era nata da poco quando la casa di famiglia a Sestu si preparava a celebrare il primo anno dalla morte di quella ragazza, bionda, sorridente e sveglia, agente di scorta di Paolo Borsellino. È cresciuta IN STANZE in cui i segni di Emanuela erano ovunque, in cui il dolore si è fatto da parte solo per lasciare spazio alla memoria. Una famiglia in cui la mafia non è una affare lontano, di cui sente parlare al telegiornale, ma è la cosa che ha ucciso la sorella di tuo padre. Mia madre e mio padre mi hanno raccontato della tua dedizione al lavoro e del tuo essere sempre positiva e solare, col tuo sorriso inconfondibile stampato sul viso per affrontare ogni situazione, anche la più difficile. Sono orgogliosa di poter continuare, in qualche modo, i tuoi passi. Il peso dello stesso nome è diventato l'orgoglio della stessa divisa, che Emanuela, agli inizi degli anni 90, ha vestito quasi per uno scherzo del destino. Non voleva fare la poliziotta Emanuela, voleva fare la maestra, e al concorso per entrare in polizia andò solo per accompagnare la sorella. Ma era brava Emanuela e quel concorso lo vinse. UN Destino, ma non UN caso, perché poi quando arrivò anche la possibilità di fare l'insegnante restò li, per fare del bene, disse. A volte, sento come se stessi vivendo la tua vita, come se i tuoi sogni e le tue passioni fossero anche i miei. Mi chiedo se avremmo avuto gli stessi interessi, se avremmo riso insieme delle stesse cose. Il pensiero di non aver potuto condividere questi momenti con te è un dolore che non riesco a descrivere. Lavorare nella Palermo dei primi anni novanta non era un incarico qualunque. Manuela non l'aveva scelto, avrebbe voluto essere assegnata nella sua Sardegna, ma si adeguò. E Palermo le si presentò subito come una città in cui la mafia uccide. I primi incarichi: la protezione della casa dell'allora Onorevole Sergio Mattarella, i piantonamenti sotto casa del boss Francesco Madonia, la protezione della senatrice Pina Maisano, vedova di Libero Grassi. Vorrei poter ringraziarti per l'esempio che hai lasciato, per la forza che hai dimostrato e per l'ispirazione che continui a essere per me e per tutte le persone che fanno il nostro lavoro. Spero di poter onorare la tua memoria vivendo una vita che rifletta i tuoi valori e la tua passione per la giustizia. Sarò sempre grata per l'eredità che hai lasciato e per l'amore che mi hai sempre trasmesso. A casa non raccontava molto, Sestu era il posto in cui tornare e stare bene, con gli amici, le persone care, il fidanzato, al mare. Tornò a casa anche nei terribili 57 giorni tra l'attentato al giudice Falcone e la strage di via D'Amelio. Era già stata assegnata alla scorta di Paolo Borsellino, il magistrato sapeva che sarebbe morto, lo sapevano tutti, «sono un morto che cammina» diceva. E non sopportava che quel destino coinvolgesse anche i suoi picciotti, così chiamava gli agenti della sua scorta. Sarei io a dover proteggere te, aveva detto a Emanuela, non il contrario. E per questo ogni tanto cercava di sfuggire alla loro guardia, anche solo per andare a comprare le sigarette, era il suo modo per dire colpitemi ora, che sono solo. E invece. Manuela era tornata a Palermo dalla Sardegna il 17 luglio. Aveva la febbre, la mamma le aveva detto di restare a casa, in malattia, ma lei no, non voleva che qualche collega dovesse rinunciare alle ferie per colpa sua. Non erano in molti a voler fare quel servizio. Manuela invece non si tirava indietro, forse per coraggio, forse anche per incoscienza, ma forse soprattutto, per una cosa molto più semplice e tanto più potente: il senso del dovere. Spero che, in qualche modo, tu sia orgogliosa di me. Grazie per avermi ispirato a essere una persona migliore. Con affetto, tua nipote Emanuela

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