«Un volto nuovo per San Giuseppe Jato», il sindaco Siviglia nel rapporto sugli amministratori sotto tiro
Il nome di San Giuseppe Jato torna nel dossier nazionale che racconta minacce e intimidazioni contro chi amministra la cosa pubblica. Tra i protagonisti del 15° rapporto «Amministratori sotto tiro» di Avviso Pubblico, presentato a Roma, c’è anche Giuseppe Siviglia, sindaco di un paese per troppo tempo conosciuto come quello di Giovanni Brusca, il boss che ordinò il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. «Quello di oggi è un riconoscimento pubblico per avere governato con trasparenza e onestà in un ambiente pericoloso, pieno di insidie e minacce», afferma Siviglia (a destra nella foto con il presidente della Commissione nazionale antimafia, Chiara Colosimo, e con l'assessore comunale allo Sport, Mariano Lo Bianco), indicato come simbolo di resistenza civile. Il sindaco ripercorre la sua storia personale segnata da minacce e violenza: «Avevo 16 anni - ricorda - la notte che hanno dato fuoco dietro la porta di casa. Mio padre era amministratore e qualcuno voleva fargli pagare un favore non concesso. Ci siamo salvati grazie a una seconda uscita. Ma la mia passione politica non si è fatta distruggere». Dal fuoco alle lettere anonime, fino alle croci sui muri: tutto per intimidirlo. «Nel 2002 mi candido a sindaco. Già in campagna elettorale iniziano le scritte e le croci. Segnali che la mafia mi mandava in un linguaggio che io non ho mai parlato», racconta. Poi i due tentativi di rapina, quando gestiva locali a Palermo, e la brutale aggressione del 2005: pugni, calci, la faccia massacrata. Seguirà un processo per eccesso di legittima difesa chiuso anni dopo con l’assoluzione definitiva. «Da quel momento la mia vita è tornata quasi normale - dice -. Ho cambiato abitudini: per tutelare la mia famiglia ho deciso di muovermi quasi sempre a piedi, anche di notte. Così se qualcuno vuole farmi del male, lo fa a me e non a loro». L’inserimento nel rapporto di Avviso Pubblico è per Siviglia un sigillo morale, la conferma di una battaglia quotidiana per la legalità. La partecipazione all'iniziativa rafforza il legame tra Comune e cittadini, soprattutto con i giovani. «Vorrei che l'impegno delle ragazze e dei ragazzi fosse il volto nuovo di San Giuseppe Jato. Siamo stati per troppo tempo solo il paese di mafia, dove si uccidono anche i bambini», conclude.