Era uno di loro. Conosceva le abitudini, le case, i mezzi e i numeri. Ma anche i clienti e i fornitori, i luoghi dove nascondevano la droga e quelli in cui veniva venduta. Angelo Esposito per un anno e mezzo ha lavorato dentro alla rete di spaccio legata al mandamento mafioso di Porta Nuova, quella smantellata nella recente operazione della guardia di finanza. Poi ha deciso di parlare e di vuotare il sacco. Uscito dal carcere, aveva lavorato per un periodo in un autolavaggio in corso Tukory, poi aveva ripreso le vecchie abitudini dopo l’incontro con Vincenzo Adelfio, che gli promise «un motore», «un cellulare» e «50 euro al giorno». In cambio «mi avrebbero dato dei pezzi di coca per fare le consegne. Ci sono andato l’indomani per accettare». Vincenzo Di Giovanni, invece, gli aveva procurato una casa abusiva: un trattamento riservato solo a lui. «Gli altri non hanno benefici simili. Solo io perché ero il responsabile di tutte le cose», ha spiegato Esposito durante l’interrogatorio davanti ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia. Adesso le sue dichiarazioni hanno fornito ai magistrati una chiave d’accesso preziosa per ricostruire i movimenti dell’organizzazione. L'articolo completo sul Giornale di Sicilia in edicola e nell'edizione digitale.