
Non ha saputo dire se chi impugnava la pistola fosse un uomo o una donna. Non ne ha riconosciuto il volto, non ne ha udito la voce. Ha visto poco anche se era seduta con gli amici sugli scalini delle Poste centrali di via Roma, a pochi metri da Badr Boudjemai, per tutti Samir, il cameriere algerino freddato nella notte del 4 novembre 2023.
È stata ascoltata in videoconferenza dall’Olanda la testimone-chiave del processo a carico dei tunisini Kamel Elabed, 62 anni, e Aly Elabed Baguera, 33 anni, zio e nipote accusati rispettivamente di essere l’organizzatore dell’agguato e l’esecutore materiale del delitto.
Le parole della ragazza, al netto della drammaticità del racconto, hanno fornito un elemento di rilievo per la difesa: la giovane turista non è riuscita a identificare con certezza il killer.
«Ho visto una persona di statura minuta, con cappuccio e vestiti neri, ma non sono certa se fosse un uomo o una donna», ha ripetuto la testimone, confermando davanti alla Corte d’assise quanto già verbalizzato subito dopo il delitto nella caserma dei carabinieri. Nessuna descrizione precisa, nessun riferimento al volto né alla voce del presunto assassino. Parole che secondo gli avvocati Salvino, Giada e Mario Caputo, legali dei due imputati, rafforzano l’ipotesi che l’autore dell’omicidio non sia Aly Baguera, che «è alto oltre un metro e ottanta e ha una corporatura robusta», sottolineano i difensori.
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