
Gli appalti nella sanità siciliana venivano gestiti a tavolino secondo il copione scritto dal personaggio principali dell’ennesima inchiesta sulla sanità siciliana: Antonino Sciacchitano, commercialista con una sfilza di incarichi nelle Asp di mezza isola. Addirittura l’andamento degli appalti veniva concordato tra gli stessi componenti delle commissioni che dovevano assegnarli e le imprese che partecipavano alle gare. Come a giugno del 2022 per un bando della Asp di Trapani per cui Giovanni Cimo, faccendiere vicino a Sciacchitano, mette in contatto il commissario di gara Mario Marchese con Mario Festinese, referente dell’impresa che poi vincerà la gara, la Polygon.
Marchese in una conversazione intercettata con Cino annuncia di essere abbastanza sicuro di poter garantire al gruppo imprenditoriale spalleggiato non soltanto l’aggiudicazione, ma addirittura un’aggiudicazione con uno scarto di assoluto rilievo sul secondo classificato (19 punti, se non addirittura venti). I due provano ad adottare un linguaggio criptico parlando di «mozzarelle» e «pane cunzato» , in maniera, tuttavia, «così tanto improvvida - scrive il gip - da lasciar intendere perfettamente a un ascoltatore anche poco meno che disattento quale fosse il vero oggetto della discussione». Dal canto suo Sciacchitano, sfruttando la sua influenza presso i vertici direttivi dell’Asp di Trapani, da presidente dell’organismo interno di valutazione fa pressioni per l’aggiudicazione definitiva alla Polygon Spa e peri accelerare il rilascio della certificazione antimafia.
Secondo i magistrati, in cambio dei favori fatti, Sciacchitano e Cimo avrebbero intascato mazzette. Stessa accusa per Marchese membro della commissione aggiudicatrice a cui sarebbero stati dati 30mila euro.
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