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Delitto Mattarella, battaglia legale sull'impronta nell'auto del killer

La difesa di Antonino Madonia deposita la richiesta di incidente probatorio, se verrà accolta sarà il giudice e non la Procura di Palermo a nominare il perito

La difesa di Antonino (Nino) Madonia, vecchio boss di Resuttana, ha depositato la richiesta di incidente probatorio sull’esame tecnico irripetibile chiesto dalla Procura di Palermo sull’impronta trovata sulla Fiat 127 usata dai killer dell’ex presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella.

La richiesta è stata presentata dall’avvocato Vincenzo Giambruno, legale di Madonia.

La Procura aveva chiesto di effettuare un esame con tecnologie avanzate per estrarre il Dna dall’impronta ritrovata 45 anni fa sullo sportello lato guidatore della Fiat 127, utilizzata dai sicari per fuggire dopo l’omicidio del 6 gennaio 1980.

Fino a quando il giudice non deciderà sull’accoglimento della richiesta di incidente probatorio, la Procura non potrà procedere con l’esame. Se la richiesta sarà accolta, sarà il giudice a nominare un perito e sia la Procura che la difesa potranno nominare i propri consulenti.

All’epoca del delitto l’impronta era stata isolata, ma considerata inutilizzabile per identificare chi l’aveva lasciata. Oggi si spera che il vetrino possa contenere tracce biologiche confrontabili con il Dna degli indagati Madonia e Giuseppe Lucchese, ritenuti responsabili dall’inchiesta guidata da Maurizio De Lucia.

Negli anni è caduta l’ipotesi che i responsabili fossero i neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini. Madonia, figlio del capomafia di Resuttana Francesco, sarebbe l’uomo «dagli occhi di ghiaccio» descritto in diversi identikit. Lucchese, del mandamento di Ciaculli, anche lui spietato killer dell'ala corleonese di Cosa nostra sarebbe stato invece alla guida della Fiat 127 durante la fuga. Avevano 28 e 22 anni.

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