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Sparatoria a Monreale. Il film della carneficina e le accuse dei testimoni

La rissa e le botte, poi Acquisto dice all’amico: «Piglia il ferro, sparagli di sopra». L’arma si inceppa e un giovane si salva

«Non c’entro niente con i tre morti». È la prima cosa che dice Samuel Acquisto quando si siede davanti al pubblico ministero. Il diciannovenne dello Zen è accusato di concorso in strage per aver preso parte, secondo l'accusa, all'agguato costato la vita a Salvatore Turdo, Massimo Pirozzo e Andrea Miceli, la notte del 27 aprile a Monreale.

Ma, nonostante la portata devastante di quanto gli viene contestato, prova addirittura a ridimensionare: «Portavo solo la moto». Poi cerca di giustificare la sua presenza: «Mi sono venuto a costituire perché mi sento in colpa. Perché ci sono stati tre morti».

Nell’interrogatorio alterna ammissioni parziali a risposte paradossali. A un certo punto, persino sulle informazioni più basilari, si trincera dietro il silenzio: «Non ricordo il mio numero di telefono». E aggiunge di avere perso il cellulare e di essere andato via senza sapere bene chi fosse il passeggero dietro di lui. Come se queste affermazioni bastassero per chiudere tutto. E quando gli inquirenti vogliono sapere dove abbia preso la moto, risponde: «Me l’ha prestata un amico mio». Ma non vuole dire chi è: «Non rispondo a questa domanda».

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