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Noce, droga e conti in rosso e i boss cancellarono i debiti

Alla Noce avevano un progetto chiaro: controllare direttamente il traffico di droga curando in proprio forniture, venditori e piazze. Era il perno su cui ricostruire il potere del mandamento, come emerge dalle carte dell'ultimo blitz della polizia. La strategia prevedeva di assegnare le partite di stupefacenti in dosi già suddivise, con una qualità differenziata in maniera da rendere riconoscibile la provenienza e di assicurarsi la fedeltà degli spacciatori attraverso il credito che veniva loro concesso. La distribuzione era organizzata in modo che ogni pusher fosse legato economicamente al clan senza avere alcuna possibilità di rivolgersi a canali esterni​​ o alternativi.

Un sistema nel quale era stato inserito anche Gianluca Albamonte, autorizzato a commerciare stupefacenti nella zona: ma la sua gestione si rivelò disastrosa. Prima si convinse a cedere la droga sottocosto ai consumatori, poi dissipò i proventi nel gioco d’azzardo maturando alla fine un’esposizione di circa 60 mila euro, cresciuta rapidamente fino ad arrivare a oltre 150 mila euro. Nonostante gli ordini impartiti dal boss Renzo Lo Nigro di recuperare almeno 50 mila euro senza margini di trattativa​, il ragazzo non riuscì però a rispettare gli impegni. E le conversazioni intercettate hanno descritto il crescente nervosismo dei mafiosi della Noce, preoccupati per le conseguenze della situazione. In un dialogo captato dagli investigatori, Lo Nigro si sfogava così: «Ci stiamo immischiando noi... Ma c'eravamo messi per aiutare il ragazzo che sta ghiennu a sdirrubbare a noi ora. Ha sbirri di sopra e tutti i nannarieddi del mondo ce li ha lui»​.

Il fallimento di Albamonte non rimase un caso isolato. Le indagini hanno accertato che le difficoltà di recupero dei crediti si moltiplicarono in breve tempo perché non tutti gli spacciatori riuscivano a rientrare dai debiti. Alcuni effettivamente non erano in grado di saldare, altri avrebbero millantato crediti inesistenti per ottenere vantaggi o coperture. E allora, per evitare danni maggiori e prevenire contrasti interni, il mandamento scelse il male minore, cioè decise di chiudere formalmente tutte le pendenze in corso. «Tutti i debiti che ci sono alla Noce… azzerati… Si sono presi loro il credito»​. Dove «loro», secondo quanto emerge dalle ordinanze, erano gli stessi vertici della famiglia mafiosa, costretti ad assorbire personalmente le perdite pur di non compromettere l’autorità interna e la stabilità del circuito di spaccio.

Per sopperire alle entrate in meno che dovevano alimentare la cassa comune del mandamento e anche il mantenimento dei detenuti, la collocazione degli stupefacenti venne sostenuta anche attraverso una rete di esercizi commerciali. Pescherie, paninerie e piccoli market, spesso gestiti da soggetti vicini all'organizzazione, che fungevano da basi logistiche per custodire le partite di droga o per organizzare gli incontri operativi​ in attesa di introdurre la «mercanzia» in giro per le strade del quartiere.

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