La vita è breve come neve caduta... La melodia dei Coldplay avvolge la folla sotto il sagrato del duomo di Misilmeri che saluta la bara bianca di Sara Campanella. Lacrime, sgomento, dolore, cordoglio. Lutto. Questa ragazza col vento in testa, una parola buona per tutti e mille sogni nel cassetto se ne va con quella canzone amata, Everglow, splendore, come lei che brillava. Come questo cielo che si apre al sole al termine della cerimonia funebre, non facendo mancare la luce a questa studentessa che amava il mare, i tramonti e la sera correva a fotografare la luna. È stata assassinata da un collega di corso - Stefano Argentino - armato da una passione guasta e nera come un vicolo buio. Oddio, che brutta giornata è questa. Difficile da mandare giù per tutti quelli che gremiscono fin dalla mattina il duomo di Misilmeri e la piazza verso cui si affaccia. Ingoiare queste ore amare senza portarsi addosso un senso collettivo di sconfitta è impossibile. «Siamo qui, sconvolti. E senza parole per la violenza che ha distrutto la bellezza di Sara», dirà l'arcivescovo Corrado Lorefice. Un cuscino di rose bianche, un gatto di peluche, una corona d'alloro, una foto sulla bara bianca. È tutto quello che rimane di una giovane di 22 anni bella e gentile, morta su un marciapiede a Messina mentre pensava al suo futuro, alle sue passioni o semplicemente a quello che avrebbe mangiato per cena con le colleghe del corso di Scienze biomediche. Una «che era luce durante le tenebre della mia vita» ha spiegato con sincerità un'amica trattenendo a stento le lacrime. La luce che mi hai dato m'illuminerà sempre, cantano i Coldplay. Anche i poteri locali s'inchinano allo strazio di una famiglia piegata e piagata da un peso indicibile. Il papà Alessandro, la mamma Maria Concetta, Cetty, il fratello Claudio, il fidanzato Toni. I nonni. Gli zii. Sono un esempio di compostezza, tutti. Non un attimo di impazienza, uno scatto di fastidio, un momento di intemperanza. Nulla. Non vogliono telecamere in chiesa, chiedono solo questo: evitare il feroce scrutinio del dolore di dieci, cento, mille obiettivi. Benché non riescano a evitarlo del tutto. Per il resto, solo il dolore infinito, trattenuto, che li scava e li svuota. I sindaci della provincia sono numerosi e con la fascia tricolore al petto. Ci sono consiglieri del Comune di Palermo, rappresentanti della Città Metropolitana. Non manca il capo dell’amministrazione di Messina, Federico Basile, col gonfalone della città. Con lui il rettore dell'Università peloritana, Giovanna Spatari, che porta la commozione del mondo accademico e della comunità studentesca, abbandonandosi in un lungo abbraccio con quella madre senza più lacrime. Arriva anche Renato Schifani. È teso, provato, inquieto. Il presidente della Regione ha voluto esserci, a tutti i costi ed è rimasto sino alla fine. Si trattiene a lungo con i due genitori, per loro ha parole di sostegno, mettendosi a disposizione per ogni evenienza; fa insomma quel che può per alleviare uno strazio senza sbocco. Così come appare molto toccante la condolenza del colonnello Lucio Arcidiacono, comandante dei carabinieri di Messina, colui che ha seguito le indagini nell'immediatezza del delitto, dovendo anche fare i conti col torrenziale tormento di una famiglia. Il militare a fine messa abbraccia Alessandro e Cetty. Li consola, li accarezza, gli parla. Lei lo stringe, gli sussurra, quasi si aggrappa a quella divisa coi galloni. Sembra chiedergli di fare il possibile per proteggere le ragazze, le figlie degli altri ormai. Lui se ne va, coi suoi due metri da marcantonio e gli occhi rossi. Quando dovrei, ma non posso lasciarti andare, cantano i Colplay. Quello che s'aggruma attorno al feretro di Sara è un paese dove tutti si conoscono. Ragazzi e ragazze hanno, ciascuno di loro, un ricordo preciso, una parola, uno sguardo, un sorriso di Sara che si porteranno appresso per sempre. E dal silenzio che c’è, dai nasi accolti dai fazzoletti bianchi e dagli occhi bagnati sembra proprio che doveva essere una creatura speciale, everglow, appunto, luminosa. «Nel corpo di Sara piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza - dice nell’omelia l'arcivescovo -. Non ci sono parole per consolare il vostro strazio, cari genitori. Siamo in silenzio con voi. E vi doniamo le nostre lacrime. L’intera famiglia umana oggi piange». Fuggevolmente ha anche un soffio di pietà per l'assassino: «Anche il dolore di chi è colpevole ha diritto di entrare nel cuore di Cristo». Le magliette bianche con la scritta No violenza e quella frase di Sara, «Mi voglio troppo bene per stare con chiunque», che oggi suona come una tragica e inutile presa di distanza, punteggiano la chiesa e la piazza dove poi voleranno centinaia di palloncini bianchi. Cetty guarda e piange, è scossa da un tremore senza fine, sorretta dal marito e dal figlio. «Sembra la fine del mio mondo», neniano i Coldplay. E la strofa pare fare il controcanto alle parole di Lorefice secondo cui «anche su Sara l'ultima parola non sarà lo strapotere della morte, ma la forza della vita». E questo nonostante «un corpo che esplodeva di vita, il corpo di Sara è davanti a noi, esanime e sfigurato da un'inaudita incomprensibile violenza» «Giustizia chiara e ferma» chiede a nome della comunità che amministra Rosario Rizzolo, sindaco di Misilmeri. «Invochiamo questa giustizia affinché non si dissolva il senso di corrosiva sfiducia che ci avvolge in questi momenti». Il primo cittadino quasi non ce la fa a concludere il suo intervento, sopraffatto da un nodo alla gola: «Ancora oggi la donna viene vista come un oggetto di possesso e di dominio - ragiona -. E forse i ragazzi devono ancora apprendere qualcosa nel rapporto con l'altro sesso». Non ci sono parole che possano rendere lieve questi momenti, «ma faremo - promette Rizzolo - in modo che il tuo sangue, Sara, e il pianto dei tuoi cari, non sia vano». La mattinata ingoiata dal dolore si conclude molto oltre mezzogiorno. Applausi al grido di Sara vive, palloncini in cielo, il pianto di tutti, la melodia struggente della band inglese amata da Sara e dalle sue amiche, il feretro che scivola tra i vicoli antichi del paese verso il suo luogo di pace. And now I'm gonna miss you, I know, ora mi mancherai lo so, cantano i Colplay dagli altoparlanti.