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Palermo, condanne definitive per usura a legale e imprenditore

La Cassazione ha respinto il ricorso presentato e confermato le condanne per l’avvocato Alessandro Del Giudice a quattro anni e due mesi e 20 giorni di reclusione, per Simone Nappini a 3 anni, un mese e 20 giorni e per Antonino Troia a 2 anni e 8 mesi

20100205 - ROMA - CRO : MAFIA: ALLARME PM, PROCESSI A RISCHIO DOPO SENTENZA CASSAZIONE.Il Palazzo di Giustizia di Palermo in un'immagine d'archivio del 30 gennaio 2010. Una sentenza della Cassazione rivoluziona la competenza nella trattazione dei processi di mafia: secondo i supremi giudici, in presenza di alcune aggravanti, la pena puo' lievitare anche fino a 30 anni di reclusione e dunque il dibattimento deve essere tenuto davanti alla Corte d'assise (competenze per i reati puniti con l'ergastolo o la reclusione non inferiore ai 24 anni). Possibile conseguenza della decisione e'l'azzeramento di tutti i processi di mafia, anche quelli già chiusi con sentenze che non siano ancora definitive. La sentenza e' stata emessa dalla prima sezione penale della Suprema Corte il 21 gennaio scorso. Proprio la settimana scorsa i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo hanno avuto 30 anni.ANSA / FRANCO LANNINO-MICHELE NACCARI / ARCHIVIO / PAL

Sono definitive le condanne dell’avvocato Alessandro Del Giudice, dell’imprenditore Simone Nappini e di Antonino Troia, imputati davanti alla corte d’appello di Palermo nel processo nato da un’operazione, denominata Arando, condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza, su un giro di usura.

La prima sezione della corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato e confermato le condanne per l’avvocato Alessandro Del Giudice a quattro anni e due mesi e 20 giorni di reclusione, per Simone Nappini a 3 anni, un mese e 20 giorni e per Antonino Troia a 2 anni e 8 mesi. Solo per Giovanni Di Salvo, condannato in appello a 5 anni e due mesi, è stato deciso il rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della corte.

Di Salvo è difeso dall’avvocato Antonino Pagano. L’avvocato Del Giudice nel corso delle indagini ha collaborato con la giustizia.

Il legale era stato coinvolto anche in un’altra inchiesta denominata «Gioielli di famiglia» da cui era emerso che era l'emissario del boss Pietro Formoso e che aveva portato all’esterno del carcere anche i suoi pizzini. L’operazione anti-usura, secondo la ricostruzione della Procura, aveva accertato invece che l’avvocato aveva un «filo diretto» con una funzionaria di Riscossione Sicilia, che gli avrebbe fornito le indicazioni sui debiti col fisco di una quindicina di contribuenti.

A loro l’indagato proponeva prestiti usurai. La funzionaria non ha risposto di concorso in usura, ma solo del reato di accesso abusivo al sistema informatico

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