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Omicidio Agostino, le motivazioni della Cassazione: «Sentenza d'Appello illogica»

Le motivazioni della decisione dei supremi giudici, che risale al 30 gennaio scorso, è stata depositata oggi

«Manifestamente illogica e contraddittoria»: così, annullandola, la Cassazione definisce la sentenza di appello che ha condannato all’ergastolo il boss Antonino Madonia per l’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi nel palermitano il 5 agosto del 1989. Le motivazioni della decisione dei supremi giudici, che risale al 30 gennaio scorso, è stata depositata oggi.

La Corte di cassazione sottolinea che la Corte d’assise d’appello ha affermato esplicitamente «che nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia si troverà poco o nulla, che esse sono riferite per lo più ad aspetti ed elementi di contesto della vicenda e che la loro fonte di riferimento non è o non sembra essere una fonte primaria».

Affermazioni - dice la Cassazione - che cozzano con la conclusione «che da tali premesse la sentenza trae sul giudizio di responsabilità di Antonino Madonia».

«La sentenza impugnata scrive, infatti, che se si cerca nelle dichiarazioni dei collaboratori... ciò che essi non possono offrire, si troverà poco o nulla». - scrivono gli "ermellini "-... aggiungendo che «per la gran parte ci si misura con dichiarazioni de relato...quindi frutto di una conoscenza indiretta. e... sono poche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che rivestono i connotati di una chiamata in reità, specificamente rivolta ad Antonino Madonia».

Per la Cassazione i colleghi della Corte d’appello di Palermo parlano anche di «erronea applicazione delle regole processuali e della valutazione delle prove».

I magistrati romani hanno annullato rinviando ad altra sezione d’appello il verdetto emesso nei confronti di Madonia per l'omicidio Agostino, mentre hanno annullato senza rinvio, perchè prescritto essendo caduta la volontarietà, quello della moglie dell’agente.

Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, del boss Gaetano Scotto e di Francesco Paolo Rizzuto, un amico della vittima, la Procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo. L’inchiesta venne avocata dalla Procura generale che giunse a conclusioni differenti e chiese il rinvio a giudizio dei tre imputati. Scotto, processato in ordinario ha avuto l’ergastolo, per Rizzuto, che rispondeva di favoreggiamento è stata dichiarata la prescrizione, mentre Madonia ha scelto l’abbreviato. Agostino, agente di polizia formalmente assegnato alle Volanti, collaborava con i servizi segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d’infarto 4 anni fa, Guido Paolilli, agente di polizia e ad altri componenti allora di vertice dei Servizi di sicurezza, avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence che teneva rapporti con alcuni esponenti di Cosa nostra.

Rapporti, secondo l'accusa, opachi. Agostino avrebbe compreso le reali finalità della struttura a cui apparteneva (alla quale aveva offerto una pista per arrivare alla cattura di Salvatore Riina a San
Giuseppe Jato), e avrebbe deciso di allontanarsene poco prima del matrimonio. Una scelta che, secondo gli inquirenti, ha pagato con la vita. La Dia ha anche indagato sui rapporti tra esponenti delle istituzioni e i capimafia Madonia, boss di Resuttana, e Scotto, da sempre indicato come trait d’union con appartenenti ai servizi di sicurezza, e sulla figura di Aiello, noto come «faccia da mostro», un personaggio dalle mille ombre con legami con ambienti della eversione nera poi deceduto.

Decisive le dichiarazioni dei pentiti Vito Galatolo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Giuseppe Marchese, Francesco Onorato, ma anche di testimoni vicini ad Agostino, come colleghi e familiari. Ulteriori conferme sono venute dalle intercettazioni telefoniche, che hanno dimostrato il coinvolgimento della struttura di cui la vittima faceva parte nei depistaggi di alcune indagini. Nel contesto della nuova inchiesta è emersa la figura di Francesco Paolo Rizzuto, soprannominato 'Paolottò, che nel 1989 era amico di Agostino e che la notte precedente al delitto aveva partecipato con la vittima ad una battuta di pesca.

I due avevano dormito a casa di Agostino a Villagrazia di Carini. La mattina dopo, Agostino sarebbe andato in ufficio, mentre Rizzuto sarebbe rimasto dalla famiglia dell’agente. Secondo gli inquirenti in più occasioni avrebbe mentito su quanto accaduto nel giorno e nel luogo del delitto. Per anni il padre della vittima, divenuto simbolo di una battaglia coraggiosa per la ricerca della verità e recentemente scomparso, ha denunciato i depistaggi e le connivenze che hanno protetto i responsabili della morte del figlio chiedendo giustizia.

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