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L'omicidio di Agostino: per la Cassazione le versioni di Brusca, Galatolo e Pagano non forniscono elementi concreti

Le informazioni riferite da Brusca non sarebbero state di prima mano e, soprattutto, non si sarebbe riusciti a risalire ad una fonte certa

ida castelluccio agostino

Le dichiarazioni e i racconti dei pentiti tra cui Giovanni Brusca, Vito Galatolo e Oreste Pagano (soggetto pluripregiudicato per reati connessi al traffico internazionale di stupefacenti, ma del tutto estraneo al contesto della mafia palermitana tanto da non conoscere neppure i Madonia), su cui si è basato il processo, secondo la Cassazione, non forniscono quegli elementi concreti («oltre ogni ragionevole dubbio») che indicherebbero in Nino Madonia l’esecutore materiale degli omicidi. Anzi, in alcuni casi «sarebbero state mal valutate».

In particolare, le versioni di Brusca, la cui fonte sarebbe stata il capo dei capi, Totò Riina, «non autorizzano - scrivono gli ermellini - a ritenere che Riina avesse una certezza di questo tipo (cioè che ad uccidere Nino Agostino e Ida Castelluccio fosse stato Antonino Madonia, ndr). La stessa sentenza impugnata, con evidente incertezza - proseguono i giudici nelle motivazioni - oscilla tra l’ipotesi di un Riina eventualmente preavvisato da Madonia del delitto e di un Riina all’oscuro di tutto e che ha svolto indagini interne per sapere a chi fosse attribuibile il delitto». Insomma, le informazioni riferite da Brusca non sarebbero state di prima mano e, soprattutto, non si sarebbe riusciti a risalire ad una fonte certa.

Un altro vizio di motivazione viene evidenziato nella parte in cui la sentenza ha ritenuto credibile Vito Galatolo, che riferì di avere ricevuto confidenze dal cugino Stefano Fontana circa il coinvolgimento di Nino Madonia nei delitti. Un Galatolo che, però, all’epoca del fatto aveva 15 anni «e quindi non era affiliato a Cosa nostra». Per questo motivo, entrambe le sentenze di primo e secondo grado hanno ritenuto di non dare a queste dichiarazioni lo stesso rilievo di quelle che circolavano tra gli appartenenti all’organizzazione criminale, contraddicendosi però successivamente quando, scrivono gli ermellini, «si attribuisce alle dichiarazioni di Galatolo lo stesso rilievo di quelle circolanti tra gli affiliati. Inoltre, non è stato considerato che Galatolo era stato ritenuto inattendibile nel processo Apocalisse».

Le dichiarazioni di Oreste Pagano, che raccontò di aver ricevuto informazioni da Alfonso Caruana, invece, sarebbero state smentite proprio da quest’ultimo: «Caruana aveva negato di avere reso al Pagano - si legge nelle motivazioni - la confidenza di cui quest’ultimo aveva parlato». Inoltre, le informazioni «non sarebbero individualizzanti con riferimento a Nino Madonia, perché si parla di ‘’uno dei Madonia’’».

«La causa scientiae (le circostanze, cioè, grazie alle quali si viene a conoscenza di qualcosa) è il problema fondamentale di questo processo», sottolinea la Corte di Cassazione. Che prosegue: «Nessuna delle fonti di conoscenza dei collaboratori che accusano Madonia della commissione del reato è stata coinvolta nella decisione o nella esecuzione dell’omicidio, il che comporta che non si sappia in quale modo e attraverso quale catena di informazioni, tali fonti possano aver appreso dei particolari di esso».

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