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Palermo, dopo il blitz è guerra allo Zen per la droga

Le nuove leve di mafia starebbero cercando di ristabilire i contatti con i boss della ndrangheta per la fornitura di cocaina e hashish

La tregua non esiste più. Allo Zen si spara, si accoltella, si incendia. Ogni episodio sembra incastrarsi nel mosaico di una guerra silenziosa, ma feroce, che ha un unico obiettivo: il controllo dello spaccio. Il maxi-blitz di febbraio, che ha mandato in carcere 181 persone e smantellato la cupola del mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, non ha fermato il traffico di droga, anzi lo ha reso più instabile. Senza più capi riconosciuti, tanti piccoli gruppi sono pronti a tutto per conquistarsi uno spazio. E quando non ci sono più regole, le vendette rischiano di finire in una pioggia di piombo. Nel frattempo gli abitanti del quartiere restano testimoni silenziosi di uno scontro che li circonda: nessuno parla, nessuno denuncia, la paura è troppa anche se qualcosa sembra che si stia muovendo.

Le perquisizioni

A partire dalla pressione investigativa che è aumentata con le perquisizioni di alcuni appartamenti, oltre che di magazzini e garage, considerati potenziali basi logistiche dove nascondere, denaro, armi e stupefacenti. Carabinieri e agenti della Squadra mobile avrebbero già trovato materiale definito interessante ma, al momento, non trapela altro. Le indagini sono solo all’inizio e si starebbero concentrando anche sul passato di alcuni personaggi finora rimasti ai margini che, dopo la recente retata, starebbero cercando di affermare la propria autorità tra i «picciotti» rimasti senza una guida.

Le ruggini tra clan

Le ruggini tra clan rappresentano l’avanguardia di affari che valgono milioni: droga e scommesse clandestine online sono le colonne portanti dell’economia criminale dello Zen. Controllarle significa comandare. I proiettili contro la saracinesca dell’agenzia di scommesse e del bar in via Ignazio Mormino, la porta del garage in via Fausto Coppi e la Fiat 500 sforacchiate dai pallettoni in via Gino Zappa, le auto incendiate in via Bianchini sono gli avvertimenti di chi oggi vuole subentrare cercando di imporre le nuove gerarchie con la forza. L’ultimo ferito, un ventottenne che ha raccontato ai medici di essersi ferito scavalcando una recinzione, è solo l’ennesimo pezzo del puzzle. Troppi dettagli non tornano. Il giovane, ufficialmente residente allo Sperone, è però originario dello Zen, dove era stato arrestato dieci anni fa per droga. Il suo spostamento non è un caso: negli ultimi anni molti abitanti dello Zen si sono trasferiti allo Sperone, creando un collegamento sempre più stretto tra i due quartieri.

L'affare della droga

Il vero motore della lotta è il traffico di sostanze stupefacenti. Il mercato principale è dominato dall’hashish e dalla cocaina, con ingenti quantitativi acquistati e rivenduti per garantire un flusso costante di denaro alle casse della famiglia mafiosa. In base a quanto hanno scoperto gli inquirenti, la fornitura di cocaina dipendeva da contatti con la 'ndrangheta, in particolare con la potente cosca dei Piromalli. In una conversazione intercettata, Francesco Stagno - uno dei capi mafiosi allo Zen - discuteva con un altro affiliato di un momentaneo stop nelle consegne. La crisi di approvvigionamento avevano fatto salire il prezzo della cocaina che veniva venduta a 1.500 euro ogni 50 grammi, circa 30 mila euro al chilo. «Gioia Tauro, hai capito? Gioia Tauro! Dove arriva tutta la cocaina - diceva Stagno - ci sono i Piromalli, lui è il padrone di là... speriamo sblocchiamo la situazione».

 

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