Erano stati indagati nell’operazione dei carabinieri «Il padrino» del marzo del 2024 compiuta nei territori nel palermitano del mandamento mafioso di Trabia, con particolare riferimento alle famiglie di Termini Imerese, Caccamo, Trabia, Vicari e Cerda - Sciara. I pm della direzione distrettuale antimafia Bruno Brucoli e Eugenio Faletra hanno chiesto 230 anni di carcere per i 21 imputati. Per Pietro Agnello, 10 anni, Massimo Andolina, 48 anni, di Petralia Sottana, 10 anni, Biagio Esposito Sumadele, 45 anni, di Palermo, 16 anni, Pietro Erco, 60 anni di Torre del Greco (Na), 8 anni, Giuseppe Galbo, 65 anni, di Sciara, 16 anni, Gandolfo Maria Interbartolo, 71 anni di Cerda, 3 anni e 4 mesi, Giuseppe Lo Bianco, 42 anni, di Palermo, 12 anni, Salvatore Macaluso, 60 anni, di Vicari, 16 anni, Mario Salvatore Monastero, 69 anni, di Caccamo, 12 anni e 4 mesi, Luigi Antonio Piraino, 63 anni, di Cerda, 16 anni e 4 mesi, Cristiana Piroddi, 66 anni di Villasor (Ca) 8 anni, Gaetano Pravatà, 51 anni, di Palermo, 12 anni, Michele Pusateri, 46 anni, di Termini Imerese 2 anni di reclusione, Ignazio Saccio, 56 anni, di Vicari, 12 anni, Rosario Saccio, 55 anni, di Vicari, 12 anni, Francesco Sampognaro, 59 anni, di Caccamo, 12 anni, Nunzia Maria Loreta La Barbera di Termini Imerese, 1 anno e due mesi, Calogero Sinagra, 66 anni, di Sciara, 16 anni, Antonino Teresi, 61 anni, di Sciara, 8 anni e 4 mesi, Carmelo Umina, 61 anni, di Vicari, 18 anni, Massimiliano Vallone di 46 anni, di Palermo, 8 anni. Sono indagati a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, lesioni personali, minacce, incendio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco, trasferimento fraudolento di valori, furto in abitazione, favoreggiamento personale, turbata libertà degli incanti, commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Nel corso delle indagini erano state ricostruite estorsioni a commercianti e imprenditori e ridefinito l’organigramma del mandamento mafioso di Trabia e delle famiglie, individuandone vertici e reggenti. C'è pure chi si ribellò, come il titolare di un lido, accompagnato nel percorso di denuncia da Addiopizzo. Gli bruciarono lo stabilimento balneare riaperto grazie alla rete di solidarietà fra imprenditori e commercianti del movimento antiracket.