Palermo

Giovedì 03 Aprile 2025

«Mi urlava: non posso averti, meglio ucciderti», il racconto di una donna sfregiata rimasta senza lavoro

Carini, 20 dicembre del 2003, una giornata come le altre che però ha cambiato terribilmente la vita di Barbara Bartolotti, colpita a martellate dall’ex collega di lavoro, accoltellata ripetutamente e data a fuoco. Da quel momento una via crucis tra ospedali, interventi chirurgici, dolori fisici, traumi psicologici e la perdita del lavoro mai più ritrovato a causa del suo aspetto fisico. Dopo il danno la beffa drammatica che stride con la necessità di giustizia: il suo aggressore è libero e lavora in banca. Lei ventidue anni fa ha finto di morire per restare in vita. «Lavoravo come ragioniera in una impresa edile, ero felice, mi occupavo dell’amministrazione e di varie faccende anche più pratiche legate all’attività dell’azienda. Avevo buoni rapporti con i colleghi, immaginavo un futuro sereno, avevo già due figli ed ero incinta del terzo. Tra i tanti colleghi c’era un geometra, nipote del proprietario, che spesso mi faceva da autista anche perché trasportavo denaro per i pagamenti e la sua figura doveva proteggermi. Non pensavo certo di essere in pericolo. Mi viene da sorridere a pensarci oggi, bella protezione. Poi all’improvviso il buio, l’aggressione, quattro martellate alla testa, coltellate, pugni, calci, una tanica di benzina addosso, il fuoco. Mi gridava: “non posso averti meglio ucciderti”. Sono sopravvissuta ma la mia esistenza è stata spezzata». L'intervista completa oggi sul Giornale di Sicilia in edicola e nell'edicola digitale

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