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Palermo, l'omicidio del boss dello Sperone Romano: a giudizio Camillo Mira e suo figlio Antonio

Per gli inquirenti i due imputati avrebbero risposto all’aggressione subita da Pietro Mira. La difesa: hanno agito per legittima difesa

Giancarlo Romano, ucciso allo Sperone

Il gup di Palermo Andrea Innocenti ha rinviato a giudizio Camillo Mira e uno dei suoi figli, Antonio Mira, per l’omicidio di Giancarlo Romano, ritenuto ai vertici della «famiglia» mafiosa dello Sperone, e per le lesioni riportate da un suo fedelissimo, Alessio Salvo Caruso. Padre e figlio sono difesi dall’avvocato Antonio Turrisi mentre i familiari delle vittime si sono costituiti parte civile con gli avvocati Paolo Grillo e Debora Speciale.

La difesa dei Mira aveva chiesto il rito abbreviato condizionato dall’effettuazione di una perizia balistica, ma il giudice ha respinto l’istanza. Si andrà avanti dunque con il rito ordinario e la prossima udienza davanti alla corte d’assise è fissata per il 9 aprile.

Padre e figlio, il 26 febbraio di un anno fa, avrebbero risposto all’aggressione compiuta da Romano nei confronti di Pietro Mira, l’altro figlio di Camillo. I due indagati si sarebbero diretti alla tabaccheria di Romano in corso dei Mille e avrebbero esploso dei colpi di pistola contro il titolare, ferendo per sbaglio un cliente. Dopo pochi minuti Romano e l’amico Salvo Caruso, scampati alla sparatoria, avrebbero cercato i Mira per vendicarsi. Nel corso della sparatoria a restare ucciso fu Romano che morì poco dopo in ospedale. Anche Caruso rimase ferito.

Mira ha sempre ribadito di aver agito per legittima difesa. La procura contesta ai Mira anche il metodo mafioso e l’aggravante della premeditazione. Sulla vicenda è in corso anche un altro procedimento in cui i Mira sono vittime di Caruso: l’imputato, che ha scelto l’abbreviato, è accusato di tentato omicidio ed estorsione.

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