Il blitz antimafia a Palermo, un ladro pestato con le mazze: riuscì a salvarsi facendo il nome di Biondino
Un regolamento di conti in piena regola, una punizione brutale inflitta a un ladro recidivo, un nome che basta da solo a placare la furia dei suoi aggressori. Questa la sequenza di eventi che ha visto protagonista Daniele D’Angelo, 46 anni, pregiudicato per reati contro il patrimonio, sorpreso a rubare e selvaggiamente pestato dai proprietari dell’attività che stava derubando. La notte del 7 luglio 2022, D’Angelo si era introdotto nel parco giochi Bossolandia Park di viale Campania per scassinare una vetrina e portare via merce e qualche spicciolo. Ma i proprietari, grazie al sistema di videosorveglianza, lo avevano colto sul fatto ed era scattata così una spedizione punitiva guidata da Salvatore Ruvolo, 40 anni, titolare del parco giochi coadiuvato da sei uomini e due donne della famiglia, finito in carcere nel recente blitz dei carabinieri. Il gruppo non si era limitato a bloccare D’Angelo: lo avevano immobilizzato, bastonato con mazze di ferro e alla fine pure sequestrato per estorcergli informazioni su altri furti subiti in passato. «Tutti con le mazze e... sei maschi e due femmine... non lo so... ho le costole piene, piene di lividi, sono disperato... non ci sento dalle orecchie... però gli dicevo io a loro li devo premiare perché non avete chiamato gli sbirri... non contenti... due non mi... non volevano sapere niente... ai Pagliarelli mi hanno portato, abbiamo fatto il giro, dalla via delle Scienze», aveva descritto così la sua aggressione a Giuseppe Biondino, reggente della famiglia di San Lorenzo e suo protettore. Poi D’Angelo era stato caricato su un’auto e condotto alla Kalsa, al cospetto di un certo Rosario, cugino di Ruvolo, per un interrogatorio brutale, accompagnato da nuove percosse. L’obiettivo degli aggressori era chiaro: scoprire chi c’era dietro il furto e soprattutto a chi «apparteneva» il ladro. D’Angelo aveva continuato il suo racconto a Biondino senza sapere di essere ascoltato dagli investigatori: «Mi hanno massacrato prima là, poi in macchina, poi insieme a loro sono venuti gli altri e mi hanno dato di nuovo... tutti la boccia, a massacrarmi... alle cinque e mezza di mattina... Porta Felice... vicino alla Kalsa». A questo punto aveva giocato la sua unica carta per salvarsi la vita facendo proprio il nome di Biondino definendolo il suo idolo in modo che, nella logica criminale, questa «raccomandazione» potesse garantirgli l’incolumità. «Poi all'ultimo alle sei e mezza mi hanno lasciato nel lapino - spiegava ancora D’Angelo -. Prima che andiamo avanti cristiani, cose varie... con chi eri? Io sono venuto da solo, io sono innocente... ti ho detto la parola più bella della mia vita... il mio idolo, una grande persona, io non gli mancherei mai di rispetto. Prima che io parlo, non si usa parlare, giusto? E se me lo permetti... no dice puoi parlare... se ti può essere utile... mi sono avvicinato all'orecchio... se ti può essere utile, c'è una persona che ti dice di che pasta sono fatto... non ti devo dire altro… omissis ... gli ha detto vai a lasciarlo a casa». Rimaneva, però, la preoccuopazione un’ulteriore spedizione punitiva, e per questo D’Angelo aveva chiesto a Biondino di riscattarlo agli occhi dei suoi aggressori anche perché quella notte avrebbe «pagato il conto di un altro», cioè era stato punito per due furti compiuti da altri. «Sono disperato... ho combinato questo, solo che ho pagato il conto di un altro... a me serve solo che gli arriva... ci fermiamo qua... lui non verrà mai più qua... lui è innocente... non è il solo, è in errore, ho chiesto scusa per le persone che sono». Biondino aveva creduto alle parole di D’Angelo ma, allo stesso tempo, lo aveva messo in guardia dalle conseguenze che avrebbe subito qualora avesse scoperto che gli stava mentendo. «Perché nel momento in cui uno porta avanti un discorso... se poi... mi portano un riscontro e... ! A quel punto poi sono io a venire da te, capito?». Ma, almeno per ora, l’ex boss sembrava disposto a spendere una parola in suo favore. Sa che prima o poi i Ruvolo lo cercheranno per chiarire la questione e ha pronta la linea da tenere: D’Angelo ha sbagliato, ma ha già pagato il prezzo. «Io penso che loro mi cercheranno adesso... direttamente o indirettamente... gli dico semplicemente: senti il discorso è questo... il ragazzo è una brava persona, ha fatto l'errore... lo ha pagato bene... ma sappi che con quello di domenica passata non c'entra niente», è la rassicurazione di Biondino.