Palermo

Mercoledì 05 Febbraio 2025

Cimitero dei Rotoli, nella tomba c’è il morto ma... è "abusivo"

Cimitero di Santa Maria dei Rotoli

Per un momento ha creduto di avere imboccato il viale sbagliato del cimitero dei Rotoli, dove riposano tutti i suoi familiari. Poi Roberto Tranchina, 70 anni, che quella sepoltura gentilizia tiene linda come una stanza di casa e sempre con vasi di fiori freschi, ha capito che lui era nel posto giusto per la festa dei Defunti, ma che un visibile «intruso» campeggiava con tanto di nome e foto tra i volti noti sistemati sotto la lapide con il cognome della sua famiglia, concessionaria della tomba sistemata tra gli alberi, nella sezione 155. Comincia nel 2021 la vicenda dai contorni pirandelliani che ad oggi resta irrisolta. Il morto occupante abusivo è stato ufficialmente sfrattato, eppure non c’è verso di muovere i suoi resti da là. C’è una causa giudiziaria, ci sono le diffide dell’avvocato della famiglia danneggiata al Comune, Maria Antonietta Falco. C’è (firmata a fine dicembre scorso) la nota del capo area dei servizi cimiteriali del Comune, Luigi Galatioto, che ammette «lo sbaglio» di chi ai tempi lo aveva seppellito dove non doveva «illegittimamente». Niente da fare. I fatti. Dopo la visita al cimitero e l’amara sorpresa della traccia di un ospite indesiderato nella propria sepoltura di famiglia, Tranchina era corso negli uffici comunali di via Lincoln per avere chiarimenti sul «perché e su quando fosse stato inumato nella propria sepoltura un soggetto sconosciuto a tutta la sua famiglia, e, soprattutto chi avesse dato l’autorizzazione a tale inumazione», si legge nella denuncia presentata a suo tempo dalla Falco. Una dipendente gli spiegava che il fratello del morto abusivo aveva prima di tutto autorizzato, senza alcun titolo, uno spurgo dei resti dello zio Castrense Tranchina, per fare posto al proprio parente. Dei resti dello zio non si trovava traccia. Poi, durante un funerale, si scoprì l’urnetta in un angolo della stessa tomba. Infine l’altro risvolto, diventato giudiziario, di questa assurda storia. L’impiegata trovava la firma del fratello ottantenne di Tranchina sul foglio che autorizzava l’ingresso dell’ospite sconosciuto nella tomba di famiglia. Ma l’uomo, molto malato tanto da non uscire mai di casa, aveva negato tutto: mai firmato quelle carte al cimitero. Cominciava l’odissea e le indagini affidate all’avvocato. Intanto i titolari della sepoltura avevano chiesto copia cartacea della documentazione relativa al caso, che però era stata smarrita. Le uniche informazioni acquisite erano sul computer e saltavano agli occhi, a dire dei Tranchina, alcune presunte anomalie sulla lavorazione della pratica. Intanto, sull’orario nella quale era stata definita. Alle 15,30, arco temporale nel quale gli uffici comunali erano chiusi al pubblico. La denuncia presentata ai carabinieri della stazione Falde tirava in ballo i responsabili e operatori dei Servizi cimiteriali dei Rotoli, il responsabile dell’impresa funebre che si era occupata del disbrigo della pratica e del familiare del defunto occupante abusivo. L’accusa era quella di avere soppresso e sottratto la salma dello zio Tranchina Castrense e averne occultato i resti. E «per avere messo una firma falsa su un atto pubblico, ritenuto valido da un pubblico ufficiale, relativamente alla richiesta di estumulazione e spurgo del cadavere e alla conseguente autorizzazione alla inumazione di un soggetto non facente parte della famiglia, nella sepoltura gentilizia data in concessione dal Comune ai Tranchina». Lo scorso 3 dicembre, dopo tre anni di battaglie legali, era arrivata la nota del Comune che sembrava finalmente avere risolto la diatriba materiale: «Dagli accertamenti effettuati - scriveva il capo area dei Servizi cimiteriali, Luigi Galatioto - risulta che il defunto G. D. P non è legato da alcun vincolo di parentela con il concessionario Tranchina. La sua tumulazione nella sepoltura poteva avvenire solo con l’autorizzazione di tutti gli aventi diritto, circostanza non verificatasi. La salma, indebitamente immessa, deve subito essere spostata». Il dirigente dava poi 15 giorni di tempo per il trasferimento che altrimenti sarebbe avvenuto d’ufficio. Ma l’avvocato Maria Antonietta Falco allarga le braccia: «È ancora lì...».

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