Palermo

Venerdì 17 Gennaio 2025

Palermo, assolto dall'accusa di maltrattamenti sulla moglie e i figli: le bambine hanno detto che a picchiarle era lei

Il tribunale di Palermo

La denuncia aveva contorni di gravissimi maltrattamenti e lesioni in famiglia: botte, addirittura percosse con una cinghia sulla moglie e sui cinque figli, tutti minorenni. Codice rosso, lei e i bambini trasferiti in una comunità segreta, il marito a processo con il divieto di avvicinamento e il braccialetto elettronico, che ha tolto solo mercoledì, dopo oltre due anni, cioè da novembre 2022. Dopo tre anni di calvario giudiziario e lontananza forzata dai figli, un quarantottenne è stato assolto da tutte le accuse: la sentenza è stata emessa dal Gup Marco Gaeta con il rito abbreviato. L’imputato era difeso dagli avvocati Claudia Corrao e Giuseppe Di Cesare. Ora, paradossalmente, è la donna a rischiare di essere indagata per gli stessi reati contestati al marito: il sospetto è che abbia sporto quattro false denunce ai carabinieri e maltrattato lei i figli. Gli episodi di violenza domestica denunciati sarebbero avvenuti lungo un arco temporale molto lungo, dal 2008 al 2022 e mai prima di allora sarebbero venuti alla luce. La donna, 39 anni, avrebbe poi deciso di sporgere diverse denunce, incolpando il marito di aggressioni fisiche e maltrattamenti continui: ma l’unica volta che è andata a farsi refertare al pronto soccorso, di ferite, lividi o segni tangibili delle percosse non ne sarebbero stati trovati. Dimessa. A un certo punto, però, l’uomo è tornato a casa dal lavoro e l’ha trovata vuota: moglie e bambini erano stati prelevati dai carabinieri e scortati in una residenza lontana e segreta. Per lui invece è cominciato l’incubo: indagato, non poteva cercare di avvicinarsi a loro e lo avevano obbligato a portare il braccialetto elettronico per assicurarsi che non lo facesse. ll quadro finale di questa storiaccia avrebbe però una cornice molto diversa da quella raccontata dalla donna agli inquirenti. Almeno questo è l’esito della complessa decostruzione dei fatti, possibile grazie alle azioni messe in campo dai difensori dell’uomo. Intanto, incidenti probatori, indagini investigative e certosine perizie tecniche sui cellulari dei figli inviati per l’esame a Roma. Proprio dai video e dalle chat intercettate su quelle linee telefoniche e dalle testimonianze delle stesse operatrici della comunità dove erano ospiti assieme alla madre, gli avvocati hanno potuto dimostrare una verità diversa. A picchiare i figli, a tenerli sotto ricatto sarebbe stata proprio la madre. Lo faceva a casa e lo avrebbe rifatto perfino sfidando le assistenti sociali, che avevano raccolto lo sfogo delle due figlie più grandi, una di 9 e una di 5 anni. «Ci faceva dire che eravamo scivolate e che avevamo sbattuto sul lavandino... ma era lei a darci botte, a casa papà cercava di difenderci», si legge nei verbali agli atti del procedimento. In abbreviato un’assistente sociale, convocata dal Gup, ha riferito che le bambine erano riuscite a farsi prestare un cellulare da una signora ospite della casa famiglia e avevano mandato messaggi vocali al padre: «Ci manchi, vieni a prenderci». Anche le educatrici della casa famiglia, purfe loro chiamate come testimoni, hanno raccontato che la donna avrebbe preparato ogni volta i figli agli «interrogatori» degli operatori dei servizi sociali o del Tribunale dei minori che monitorava la situazione. Per i difensori dell’uomo, infatti, i bambini sarebbero stati indotti a raccontare sempre la stessa versione dei fatti. Di contro, il marito ha raccontato ai giudici un menage dove a perdere spesso le staffe ed a lanciarsi addosso a lui, spintonandolo e graffiandogli il viso, sarebbe stata proprio la consorte. L’uomo svolgeva lavori come tuttofare per molte famiglie e nessuna, dopo la denuncia, lo ha licenziato. Per arrotondare i guadagni, lavorava di sera in una pizzeria. Ora è tornato libero. Ma il riavvicinamento ai figli sarà ora il vero problema. Intanto la decisione dei giudici non giustifica più la permanenza della donna nella comunità protetta. E il Tribunale dei minori sta valutando a questo punto la capacità genitoriale della madre. I figli dovrebbero tornare a casa, ma lei? Nella storia, c’è però una terza persona rimasta finora fuori dalle aule giudiziarie: un’amica della trentanovenne che, dopo le denunce, aveva affittato una casa che le due avrebbero condiviso.

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