Palermo

Mercoledì 05 Febbraio 2025

Sanità in Sicilia, pronto soccorso: manca un medico su due in tutte le strutture

Palermo.Ospedale Vincenzo Cervello Ph.Alessandro Fucarini.

Per vedere il report completo ci vorrà ancora tempo, ma una traccia c’è già, anzi di più: una rendicontazione del tour svolto tra 67 di nosocomi dell’Isola, con dati che, sebbene tutti da accorpare e confrontare, tracciano già un affresco delle principali criticità, ma anche qualche virtuosismo. Tema dell’analisi, i Pronto soccorso, compresi quelli pediatrici. Giudici, i 17 membri (tra medici e funzionari regionali) della commissione tecnica istituita la scorsa estate dall’assessorato alla Salute per verificare lo stato dei reparti d’emergenza siciliani, inizialmente entro 90 giorni, poi prorogati vista la complessità del lavoro da svolgere in tre step: sottoporre una serie di domande ai vertici dei singoli presidi, relative agli standard strutturali e tecnologici delle corsie; visitare i dipartimenti ospedalieri, per scansionare ai raggi X i requisiti di qualità nell’assistenza, consolidati a livello internazionale dal 2010, e anche per dare i primi feedback alle strutture coinvolte, paragonandole tra loro e suggerendo migliorie nell’organizzazione; infine; stilare un rapporto completo per il dipartimento della Pianificazione strategica. I primi due passaggi hanno raggiunto meta, e dalle carte emergono alcune conferme, almeno due. La prima è il dato sulla carenza di camici bianchi nella pianta organica dei Pronto soccorso, pari a poco più di 400 fra tempo determinato e indeterminato, che bastano a coprire solo il 52% del fabbisogno con la restante parte «tappata», a stento e non sempre, da altre forme contrattuali atipiche, a cominciare dalle cosiddette prestazioni a «gettone», non poco costose. A questa problema è legato a doppio filo quella del sovraffollamento, che riguarda almeno una decina di strutture, soprattutto il Cervello e il Villa Sofia a Palermo, ma anche il San Giovanni di Dio di Caltanissetta e il Giovanni Paolo II di Ragusa, e anche nosocomi più piccoli, come quello di Acireale e di Paternò, nel Catanese, territorio che però, nel complesso, sembra messo meglio rispetto alla città metropolitana di Palermo. Criticità anche nell’ospedale di Milazzo, che in questo momento deve soddisfare pure i pazienti di Barcellona Pozzo di Gotto, dove il reparto di emergenza non funziona. C’è poi il paradosso dei Pronto soccorso nuovi o ristrutturati che sono sovradimensionati rispetto ai volumi storici di attività, mentre non mancano le eccellenze, come il nosocomio di Caltagirone e il San Marco di Catania. Ma per avere dati più completi bisognerà aspettare la relazione finale. Intanto, nel solco della legge nazionale del 2021, che prevede il riconoscimento di una specifica indennità a favore del personale medico operante nei Pronto soccorso, dall’assessorato arriva il via libera alla spesa di 14 milioni per i ristori in questione, dei quali oltre 5 per la dirigenza medica e 8,8 per il comparto sanitario. Disco verde anche su 22,6 milioni per le prestazioni aggiuntive rese dal personale medico tout court e dal comparto sanità, con l’obiettivo di arginare il deficit di camici bianchi, ridurre le liste d’attesa e il ricorso alle esternalizzazioni, nonché a 9 milioni per rimpinguare il Fondo per la retribuzione delle particolari condizioni di lavoro». Infine, sempre sul fronte sanità, i laboratori di analisi e gli ambulatori accreditati confermano la sospensione dello sciopero contro i tagli ai rimborsi previsti dal nuovo Tariffario ministeriale per le prestazioni sanitarie. La data era stata fissata per il 24 gennaio, martedì scorso dall’assemblea di tutte le associazioni del settore, ma subito dopo è arrivata l’apertura del governatore Schifani sulla possibilità di compensare i tagli dribblando il Piano di rientro cui è sottoposta da vent’anni la Regione: «una rassicurazione che abbiamo apprezzato», sottolinea Salvatore Gibiino, coordinatore del Cimest, l’intersindacale di categoria, rimarcando però che «lo stato di agitazione prosegue, così come il rifiuto di effettuare prestazioni in regime di convenzione, quantomeno quelle sottocosto, in cui noi andiamo in netta perdita».

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