L'istigazione al suicidio del padre, le minacce della figlia di 14 anni: «Se non mi dai i soldi, invento che mi hai violentata»
Vittima delle incessanti richieste di denaro della figlia adolescente e del fidanzato di quest’ultima, G. M. sarebbe stato trascinato in una spirale di pressioni, ricatti e violenze che lo hanno portato a togliersi la vita. Dai messaggi WhatsApp, acquisiti durante le indagini, continuano ad emergere dettagli inquietanti. Dopo il tragico epilogo sono stati adottati severi provvedimenti cautelari nei confronti della coppia: lei, 14 anni all’epoca dei fatti e ora quindicenne diventata recentemente mamma di un neonato, è stata collocata in una comunità protetta a Catania, mentre il compagno, appena maggiorenne (aveva 17 anni nel periodo delle indagini tra dicembre del 2023 e marzo dell’anno scorso) , è detenuto al Malaspina. Sono accusati di estorsione aggravata e morte come conseguenza di un altro reato, perché le loro azioni avrebbero portato l’uomo al suicidio: il giudice per le indagini preliminari, Alessandro Puglisi, ha motivato questa decisione sottolineando la gravità della loro condotta e una totale indifferenza verso le condizioni della vittima. A dicembre, nel corso del loro interrogatorio, entrabi hanno cercato di minimizzare la portata delle accuse nei loro confronti: in lacrime, davanti al Gip, hanno sostenuto di essere dispiaciuti e di essersi lasciati trascinare dal fatto che il padre non vedesse di buon occhio la loro relazione. Ma il quadro di disagio familiare che viene tratteggiato è pieno di ricatti e minacce che l’uomo avrebbe dovuto sopportare per tre mesi, fino alla decisione di impiccarsi dentro casa. L'udienza preliminare è stata fissata per il 26 marzo, davanti al Gup Nicola Aiello. La figlia, poco più che una bambina, avrebbe avanzato richieste continue, giustificate anche da presunte necessità legate alla gravidanza. «Se non mi dai i soldi, io e il bambino moriremo», scriveva in un messaggio. E il fidanzato, da parte sua, non si limitava a osservare, ma partecipava attivamente, incoraggiandola a chiedere sempre più: «Digli che non andrai più a scuola se non te li dà», le suggeriva, aggiungendo che «se non ti dà questi soldi, vedrai cosa combinerò». Le somme richieste, inizialmente modeste, si erano via via accumulate: si passava dai dieci euro per sigarette o piccoli sfizi ai 5 mila euro dell’eredità materna considerati «dovuti» dalla figlia. Una parte del denaro era destinata alle esigenze del fidanzato come comprare una moto o una console della playstation e per finanziare le sue scommesse sportive e il gioco d’azzardo online. Ma le elargizioni andavano persino alla mamma e al padre del ragazzo, ora ai domiciliari dopo la condanna a 12 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Le richieste del diciassettenne erano specifiche e pressanti. In un messaggio aveva chiesto alla ragazza di procurarsi 60 euro per una cena insieme, in un’altra occasione pretendeva invece qualcosa per ricaricare il telefono o pagare il garage. La cifra più consistente, 500 euro, doveva servire per l’acquisto dello scooter ma anche per l’estetista visto che la giovane doveva fare la manicure e mettere le ciglia finte. «Comprando la play, le unghia, le sopracciglia e le lenzuola ci fermiamo per un mesetto con le grandi cifre. Se sono 3 mila, 2 mila te ne deve dare, diglielo e fagli il giuramento sopra tua madre e tuo nonno, se manca solo un euro ai tuoi 18 anni, no che gli fai prendere a legnate, gli fai sparare direttamente, digli come ti ho scritto tranquillamente», scriveva il minore alla fidanzatina. La figlia, dal canto suo, rincarava la dose premendo per avere i contanti da usare per organizzare una festa per il nascituro e per fare shopping in vista della nascita. E quando G. M. provava a spiegare che non aveva soldi neppure per le medicine per curare il diabete, lei rispondeva con accuse e minacce, sostenendo che avrebbe raccontato falsità su di lui. In una chat particolarmente crudele, lo avvertiva: «Se non mi dai quello che chiedo, racconterò che mi hai violentata». Uno stress insopportabile per l’uomo che implorava: «Perché tutto questo? Perché tutto questo accanimento?». G. M., sopraffatto, prima di togliersi la vita, aveva lasciato due lettere in cui ha riversato tutto il suo dolore. Alla figlia ha scritto: «Mi hai estorto tutto, hai distrutto la famiglia. Spero che Dio possa perdonarti». Nell’addio ai tre figli maschi ha ha espresso tutta la sua esasperazione: «Sono troppo stanco di vivere e non riesco ad andare avanti così. Vi potrò sembrare codardo ma non è così, è una liberazione la morte a cui sono costretto ad andare incontro».