Un percorso di denuncia a più riprese contro gli estortori, una scelta coraggiosa accompagnata da Addiopizzo e sfociata nell’individuazione degli aguzzini.
La storia di Francesco Aquilino, imprenditore edile di Capaci e titolare di una pizzeria, è emblematica e dimostra come da tempo sia possibile sottrarsi al racket e condurre le attività economiche senza doversi piegare alle richieste del racket. In base alla ricostruzione poi fatta dagli inquirenti, Aquilino sarebbe finito nel mirino di Erasmo Lo Bello, condannato a 12 anni nel processo Cupola 2.0, e del figlio Giuseppe, che alcuni mesi ha avuto una pena per minacce. Il primo tentativo di estorsione risalirebbe al 2018, quando l’imprenditore era impegnato in un cantiere per la realizzazione di una villa a Sferacavallo.
Quando, poi, a dicembre del 2023, aveva deciso di aprire la pizzeria a Capaci sono cominciate minacce e intimidazioni.
Un clima pesantissimo fatto anche di danneggiamenti e del ritrovamento di alcune candele davanti all’ingresso.
«Ho deciso di denunciare e di chiedere assistenza ad Addiopizzo - racconta Aquilino -. Una scelta che rifarei mille volte. Non è stato semplice vincere la paura e andare a testa alta nel segno della legalità, ma è una scelta che tutti dovrebbero fare per sottrarsi al giogo delle estorsioni.
Ho due figli, ai quali sento di dovere dare l’esempio di un uomo che non piega la schiena, che va avanti contando sul proprio lavoro con comportamenti onesti e senza compromessi».
Nel suol locale di Capaci non sono rari gli appuntamanti sul consumo critico e anche venerdì Addiopizzo ci sarà per presentare la nuova app nell’ambito di una nuova iniziativa in memoria di Liberto Grassi. «Per noi è come un padre, un esempio da seguire. Ammiro quello che ha fatto e anche la sua esperienza ha improntato le mie scelte.
Rispetto a quell’epoca i tempi con tutta probabilità sono cambiati ma non cisi può illudere che la pressione criminale possa sparire. Di certo posso dire di avere trovato grande sostegno non solo dall’associazione ma anche da parte di carabinieri e polizia, sempre presenti per garantirci sicurezza. Denunciare e liberarsi dal pizzo è possibile.
Invito imprenditori e commercianti a fare il mio stesso percorso nella consapevolezza che le istituzioni e lo Stato sono presenti».
Dopo le denunce di Aquilino sono arrivati provvedimenti restrittivi e sono stati incardinati processi, il segno concreto di una risposta tempestiva anche da parte della magistratura e delle forze dell’ordine, che negli ultimi anni hanno raccolto le denunce di decine di vittime del racket. Una strada ancora lunga, visto che, come dimostrano anche inchieste recenti, sono ancora in tanti ad avere paura e a preferire di tacere, pagando. Ma denunciare conviene più di tacere.
V. F.
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