«Una faida tra le famiglie Lupo e Fragali che affonda le radici in un contesto di conflittualità risalente nel tempo e caratterizzato dalla reiterazione di spedizioni punitive». L’inchiesta sul tentato omicidio di domenica mattina davanti al cimitero dei Rotoli si concentra su sete di vendetta e un rancore covato nel tempo dal trentenne Francesco Lupo, il pregiudicato fermato poche ore dopo l’agguato contro Antonino Fragali di 43 anni, l’operaio della Reset ricoverato in condizioni disperate dopo essere stato raggiunto da una pioggia di fuoco. Lo dice a chiare lettere nel provvedimento di fermo il pm Federica La Chioma, che ricorda l’omicidio a marzo del 2019 di Antonino e Giacomo Lupo, padre e fratello dell’indagato, freddati allo Zen da una raffica di colpi di pistola da Giovanni Colombo, cugino di Fragali, che si è autoaccusato del duplice assassinio ed è stato condannato a 18 anni.
Nell’atto d’accusa contro Francesco Lupo, bloccato dagli investigatori della squadra mobile nella sua casa dello Zen dopo essersi disfatto della pistola e di alcuni indumenti, il sostituto procuratore traccia un pesante profilo dell’indagato, aiutato da due complici ai quali i poliziotti danno la caccia da giorni.
È probabile che abbiano trovato un rifugio per sfuggire alla cattura, cosa che non è riuscita a Lupo, per il quale il magistrato ha ipotizzato il concreto pericolo di fuga: «Il persistente astio manifestato dall’indagato nei confronti della vittima e sfociato nella brutale aggressione a mani nude, conclusa infine con l’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco, nonché il suo stato di indifferente freddezza rispetto agli eventi verificatisi, esplosi in maniera incontrollabile dopo un lunghissimo periodo di elaborazione del duplice lutto subito maturato sin dal 2019, induce a ritenere come lo stesso possa imprevedibilmente rendersi autore di analoghe condotte lesive dell’integrità psicofisica di altri membri della famiglia Fragali, non a caso determinatisi», dopo i fatti del 2019, «a cambiare domicilio e a trasferirsi a Brancaccio per timore di eventuali ritorsioni del tipo di quella verificatasi» domenica scorsa.
Sia Lupo sia Fragali hanno precedenti per droga e anche la pista che porta a contrasti per storie di stupefacenti viene presa in considerazione dagli inquirenti. Il pm sottolinea come Lupo, ripreso dalle telecamere di videosorveglianza della polizia municipale durante le fasi dell’agguato contro Fragali, si sia presentato davanti al cimitero dei Rotoli armato di una pistola clandestina con matricola limata sapendo di trovare il rivale. Prima preso a calci e pugni e poi colpito con diversi colpi al torace all’addome. Una spedizione punitiva che, secondo l’accusa, «non aveva altre origini se non il risentimento maturato in seguito all’omicidio ai danni dei suoi congiunti».
Ad accompagnare Lupo in via Vergine Maria c’erano altri due uomini, uno rimasto alla guida della Volkswagen Taigo e l’altro sceso dall’abitacolo assieme al principale indagato. Immagini nitide che hanno fornito un grande contributo agli inquirenti. È stato lo stesso Fragali a fare il nome di Francesco Lupo ai poliziotti, che poco dopo sono andati a prenderlo. Adesso è caccia ai due complici. I poliziotti ritengono di avere dato un volto ai complici dell’autore del tentato omicidio, che adesso sono ricercati. Gli agenti si sono messi al lavoro anche per acquisire altre immagini registrate durante la fuga dei tre. L’auto, presa a noleggio il 17 dicembre, è stata trovata in via Fausto Coppi, nei pressi dell’abitazione dei Lupo. L’uomo si era disfatto anche delle chiavi del mezzo, poi recuperate assieme alla pistola semiautomatica e ai vestiti dell’uomo. Adesso detenuto per tentato omicidio, aggravato dalla premeditazione, porto di arma clandestina e ricettazione. È assistito dagli avvocati Giovanni Castronovo e Vincenzo Giambruno, davanti al giudice ha fatto scena muta.
(Le telecamere di videosorveglianza riprendono Francesco Lupo mentre fugge, pistola in mano e complice vestito di scuro al fianco, dopo avere sparato ad Antonino Fragali).
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