L'intervista a Nicotri del commissariato di Brancaccio: «Il business della droga vale centinaia di migliaia di euro»
Un giro di affari quasi milionario legato allo smercio di sostanze stupefacenti, dinamiche familiari che spesso spingono i rapporti al limite in un territorio vasto e soggetto allo stretto controllo di Cosa nostra. Il commissariato Brancaccio Sperone di Palermo si muove ed opera in un quadro delicato, quanto effervescente: da circa un anno alla guida di uno dei più importanti avamposti c’è il commissario Carlo Nicotri, che ha già maturato esperienze a Mazara del Vallo, un passaggio nella divisione anticrimine, poi nel commissariato Politeama e dirigente a Partinico e adesso a Brancaccio. Lei si trova in uno dei così chiamati commissariati di frontiera, siete uno dei punti di riferimento più importanti per la parte sana dei quartiere... «Questo è l’obiettivo, essere un punto di riferimento per il cittadino, ma questo in generale, non solo qui nei territori difficili. Qui si entra in contatto con realtà complicate e toccanti, per cui anche nel momento dell’arresto può capitare che scatti l’empatia con il nucleo familiare che nulla ha a che fare con l’autore del reato e che si trova a vivere invece un disagio». Quali reati riscontrate maggiormente? «Le attività connesse alla droga la fanno da padrone, parliamo di spaccio organizzato, grandi e numerosissime piazze di vendita. Ma ogni attività illecita che frutta è aperta solo dietro il benestare delle famiglie di Cosa nostra». Di recente allo Sperone è stata sgominata la più grande piazza di spaccio europea: a quanto ammonta il business della droga e vi siete mai trovati di fronte alle famose crack-house? «Parliamo di centinaia di migliaia di euro nelle migliori delle ipotesi ed è un dato che soffre il ribasso. Per fare un esempio, in uno degli ultimi arresti fatti abbiamo trovato circa 5 chili di hashish che equivalgono a 40 mila euro di sostanza. Ci siamo imbattuti in diverse cucine di crack, ma mai in posti organizzati dove l’assuntore compra e ha degli spazi dedicati al consumo, al momento questo da noi non viene riscontrato. Capita però che la persona tossicodipendente magari si trova in un momento di grave astinenza e decide di assumere la dose subito, ma non c’è nulla di organizzato». Prima i confini delle piazze di spaccio erano rigidi. E oggi? «C’è un’abolizione dei confini rigidissimi dei quartieri e quindi il commercio è sempre più fluido. Poi certo, per l’approvvigionamento possono esserci anche rotte internazionali, ma tra loro le piazze di spaccio ormai si parlano in qualche modo». Sul territorio avete un ottimo rapporto con le scuole.. «È costante, i presidi ci rappresentano criticità esistenti o, meglio ancora, situazioni che ancora non si sono poste ma che loro già prevedono e da qui noi possiamo agire. Non c’è solo repressione ma anche attività formativa, manifestazioni, incontri con studenti: mostriamo la nostra vicinanza». Qui è anche nato un software che sta permettendo a tanti commissariati di poter controllare meglio il loro territorio. «Si, un bravo collaboratore e valido programmatore ha ideato questo programma di uso interno per il controllo dei soggetti sottoposti a misura. È utilissimo sia su strada che in ufficio».