I due complici che avrebbero aiutato Francesco Lupo a mettere in pratica il tentativo di omicidio ai danni di Antonino Fragali avrebbero le ore contate: la polizia avrebbe già individuato chi avrebbe accompagnato Lupo prima a picchiare e poi a sparare all’operaio della Reset di 43 anni. Fragali domenica è scampato per un pelo alla morte, in via Vergine Maria, dopo essere stato colpito da almeno cinque proiettili fra il torace e l’addome: ricoverato a Villa Sofia, dopo un lungo intervento chirurgico, è sempre in prognosi riservata. Ora gli investigatori avrebbero un’idea precisa su chi sono le altre due persone che erano in auto con Lupo, il cui fermo, disposto dal sostituto procuratore Federica La Chioma, è stato convalidato la vigilia di Natale dal Gip Maria Cristina Sala.
Uno dei due è sceso dalla Volkswagen (una vettura di cortesia facilmente individuabile: ne parliamo nell’articolo qui sotto) assieme al killer: entrambi erano a volto scoperto e sono stati ripresi dalle telecamere. Il guidatore invece è rimasto a bordo dell’auto ma la polizia sarebbe a un passo da lui: anche in questo caso la caccia potrebbe concludersi rapidamente. L’ipotesi della lite estemporanea sfociata improvvisamente in una sparatoria non reggerebbe: la versione più accreditata porterebbe alla vendetta e a un agguato premeditato, anche se eseguito con modalità «artigianali». Il volto scoperto, l’auto sostitutiva: come se non gli importasse di essere individuato. È accertato che il principale indagato conoscesse i movimenti di Fragali, come ha confermato Giovanni, il fratello della vittima, agli agenti che lo hanno sentito subito dopo l’imboscata all’esterno dei Rotoli: «Ho saputo che a mio fratello Antonino avevano sparato con cinque colpi d’arma da fuoco mentre stava andando al cimitero a trovare nostro padre, defunto il 19 dicembre del ‘98. Considerato che è libero dal lavoro solo la domenica, stava andando» il primo giorno utile. Cioè domenica.
Il risentimento avrebbe avuto radici lontane: Antonino Fragali è primo cugino di Giovanni Colombo, condannato per il duplice omicidio di Giacomo e Antonio Lupo, rispettivamente padre e fratello di Francesco, avvenuto tra i padiglioni dello Zen 2 il 14 marzo del 2019. Una circostanza che è stata evidenziata anche dal fratello del ferito, che ai poliziotti aveva spiegato che, in seguito all’arresto del cugino, l’intera famiglia aveva deciso di lasciare lo Zen, nel quale tuttora risiede Lupo, per trasferirsi a Brancaccio, in maniera da sottrarsi a eventuali rappresaglie. «Siamo andati via nel marzo del 2019 proprio per evitare che la nostra presenza, e soprattutto quella dei nostri figli, potesse ingenerare in qualche familiare della famiglia Lupo desideri di vendetta», ha detto Giovanni Fragali, escludendo però - secondo la sua opinione - che l’aggressione del fratello fosse riconducibile al duplice omicidio.
C’è poi un’altra pista, su cui gli uomini della Squadra mobile starebbero lavorando, che porterebbe ai legami con il traffico di droga. Nel passato di Antonino Fragali c’è infatti una condanna a 8 anni e 4 mesi per avere fatto parte di un’organizzazione che si occupava di comprare hashish, marijuana e cocaina sulla rotta Spagna-Sudamerica, per poi rivenderla al dettaglio nelle piazze di spaccio della città e di Trapani. Uno dei 36 arrestati dell’operazione Winston, messa a segno dai carabinieri, era proprio Fragali, uno dei picciotti di piccolo e medio calibro a cui era stato affidato il compito di pusher che poi dovevano smerciare le sostanze stupefacenti strada per strada.
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