Open Arms, Salvini: «Difendere la Patria non è reato». Poi abbraccia la fidanzata in lacrime
Quando i giudici entrano in aula Matteo Salvini cerca la fidanzata Francesca Verdini, quattro banchi dietro di lui. Gli sguardi si incrociano, un lieve sorriso. «Assolto perché il fatto non sussiste», dice il presidente della corte Roberto Murgia. Salvini si volta, cerca la fidanzata. Lei è in lacrime, si fa spazio tra la folla e lo raggiunge: e i due si lasciano andare in un lungo abbraccio. «Sono felice - dice il vicepremier scaricando la tensione accumulata - dopo tre anni ha vinto il buonsenso, ha vinto la Lega, ha vinto l’Italia. Difendere la Patria non è un reato. È un giorno meraviglioso». Annuisce il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che è in aula dalla mattina: «È un grande giorno per l’Italia». L’avvocato Giulia Bongiorno esulta, è commossa. Parte un applauso in sala. Finisce così una giornata lunghissima per il leader della Lega, cominciata alle 9 con il suo arrivo al bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Senza pensarci un attimo Salvini affronta subito la folla di cronisti e telecamere. «Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto, ho mantenuto le promesse, ho contrastato l’immigrazione di massa» scandisce. All’interno del bunker ci sono già i pm dell’accusa, il fondatore della Open Arms Oscar Camps e gli avvocati delle parti civili. Non c’è un solo posto libero, anche la saletta riservata al pubblico è full. «Qualunque sia la sentenza per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di avere difeso il mio Paese - ripete - Rifarei e rifarò tutto quello che ho fatto e sono felice delle dimostrazioni di affetto che tantissimi italiani mi stanno portando. Entro in aula orgoglioso del mio lavoro». Seduti tra il pubblico oltre a Valditara c’è il vice segretario della Lega Claudio Durigon e il sottosegretario Alessandro Morelli. Rimarranno con lui l’intera giornata. Salvini è seduto nel primo banco con a fianco il suo avvocato Giulia Bongiorno; davanti, alla sua sinistra, ci sono i giudici della corte. Il ministro segue le contro repliche dell’accusa senza batter ciglio. Sorride, scambia qualche battuta col suo staff nell’unica pausa dell’udienza, tergiversa un pò in aula quando i giudici si chiudono in camera di consiglio, poi lascia l’aula bunker e raggiunge la fidanzata Francesca Verdini che non lo lascerà fino al momento della lettura della sentenza. Con i dirigenti della Lega il ministro si chiude prima in un hotel nel centro città, poi si sposta in una nota pasticceria nel salotto di Palermo per pranzare: anelletti al ragù al forno, arancine, panelle, crocchette e sfincione in tavola, vino rosso e tipici dolci alla ricotta. Il clima sembra sereno, con Salvini che si concede ai selfie con un dipendente della pasticceria e con alcuni passanti. Una camminata per il centro e via altre foto davanti alla Rinascente: ma niente shopping di Natale, come aveva confidato ai suoi. Piuttosto il vicepremier decide di recarsi a Palazzo Reale, sede dell’Assemblea regionale siciliana, dove visita con la fidanzata la Cappella Palatina, la mostra di Picasso e le stanze Mattarella e Pio La Torre. Il tempo di un saluto col presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e poi via in hotel Prima del ritorno nell’aula bunker. Inizia l’attesa, spariscono i sorrisi, sale la tensione. Francesca Verdini è sempre accanto a lui, si allontana sono quando sta per entrare la Corte. Poi la lettura del verdetto e l’assoluzione. «Vado avanti ancora più determinato di prima, questa sentenza non assolve solo Salvini ma l’idea che ci sono delle regole e dei controlli», dice attorniato dalle telecamere, con quella stessa sicurezza con cui aveva affrontato i giornalisti dieci ore prima. Poi parte all’attacco: di Oscar Camps, il capo di Open Arms, che «pensava di usare i migranti per fare politica» e invece «ha perso e torna in Spagna con le mani in saccoccia». E dell’opposizione: «mi spiace per i milioni di euro che il processo intentato da Pd e cinquestelle è costato agli italiani, sono curioso di sapere cosa diranno».