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La strage di via D'Amelio, Colosimo: «Gli uffici di Borsellino sono rimasti aperti per ore e non sappiamo chi è entrato»

La strage di via D'Amelio

Nuove rivelazioni, che creano altri punti oscuri, nelle indagini sulla ricostruzione delle stragi di via D’Amelio e Capaci. Particolari svelati dalla presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo, alla kermesse Atreju di Fratelli d’Italia. Presente tra il pubblico, anche Lucia Borsellino.

Colosimo rivela che i sigilli, all’ufficio di Borsellino, alla Procura di Palermo, vennero apposti alle 23,25. «Dalle 17 alle 23,30 quell’ufficio - ha detto - è rimasto aperto e noi non sappiamo chi può essere entrato e cosa può aver sottratto in quell'ufficio, ma sappiamo che cosa poi hanno repertato all’interno. Sono stati trovati i verbali di Gaspare Mutolo e quelli di Leonardo Messina, che è uno dei primi collaboratori che ci dà delle informazioni importantissime. La prima informazione - ha aggiunto Colosimo nel suo intervento - è che c’era un uomo, Angelo Siino, il collaboratore per eccellenza di Totò Riina, che andava dagli imprenditori per trattare per conto di Cosa nostra la gestione degli appalti. E in quegli stessi verbali che troviamo nell’ufficio di Borsellino, Leonardo Messina ci dice che Totò Riina aveva un interesse sempre più crescente per la Calcestruzzi spa».

Rivelazioni, quelle rese dalla presidente della commissione antimafia, che focalizzano l’attenzione sull’importanza che ebbe il dossier Mafia e Appalti, che potrebbe essere, la causa scatenante della strage di via D’Amelio. Nell’ufficio c’era anche un «fascicolo di Luigi Ranieri, un imprenditore che si sottrae alla logica del tavolino cioè quella logica che vedeva gli imprenditori sottomessi alle volontà di Cosa nostra, muore», ha proseguito la presidente della commissione antimafia. «E va sottolineato che tra le agende presenti in quel fascicolo c’erano quelle di Luigi Ranieri. In quelle agende si trovano molti nomi di imprenditori e politici che poi ritroveremo in Mafia e Appalti».

Nell’ufficio di Borsellino, viene ritrovato anche «il verbale di Aurelio Pino Napoleone, il primo imprenditore che decide di collaborare con la giustizia e che svela tutti i meccanismi di accordi tra Cosa nostra e gli imprenditori». Colosimo rivela anche che il giorno prima della strage di Capaci, il cognato di Dalla Chiesa, mentre era sul cavalcavia che porta all’aeroporto di Palermo, notò la presenza di un furgone targato Ravenna.

«Gli sembra - ha evidenziato Colosimo - uno dei furgoni della sua azienda, si ferma, scende, va a controllare quel furgone perché pensa che dovrebbe stare a Sciacca. Va lì, dentro il furgone non c’è nessuno ma sotto, in quell’avvallamento dove tutti poi purtroppo siamo stati, dove adesso c’è un uliveto, dove i ragazzi vanno a commemorare quella strage di Capaci, c’erano due uomini che armeggiavano con del filo, probabilmente elettrico. Questo particolare lo racconta un poliziotto, Roberto Di Legami, nel primo processo della strage di Capaci. Uno dei due uomini era Di Matteo, che stava lì ad armeggiare con quel filo elettrico. Poi venne condannato per l’attentato di Capaci. Per capire davvero su cosa si stava lavorando - ha concluso Colosimo - in quei 57 giorni dobbiamo andare parallelamente su due filoni, quello più noto del filone mafia appalti e quello che in questo momento è diventato ancora più importante che è quello di Massa Carrara, dove entra in gioco la Calcestruzzi Spa».

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