La prima sezione civile della Corte d'Appello, presieduta da Giovanni D'Antoni, ha confermato il diritto al risarcimento per Giuseppa Pumo, Marco, Vincenza e Provvidenza Intravaia, madre e fratelli di Domenico Intravaia, il vicebrigadiere dei carabinieri ucciso nell'attentato alla base italiana di Nassiriya il 12 novembre del 2003. Il ministero della Difesa, nel suo ricorso, aveva sollevato diverse eccezioni. Anzitutto aveva contestato la competenza del giudice civile sostenendo che la giurisdizione spettasse al giudice amministrativo. Il collegio ha respinto questa tesi precisando che i familiari, assistiti dall’avvocato Marianna Zarbo, agivano «iure proprio», cioè per il danno subito personalmente, e che tale azione rientra nella competenza del giudice ordinario. Il ministero aveva inoltre contestato l'esistenza di un nesso causale tra le omissioni imputate ai vertici militari e l'attentato, definendo l'attacco imprevedibile e inevitabile. Anche questa linea è stata bocciata confermando le responsabilità già accertate in primo grado. «L'insufficienza delle difese passive presenti presso la base Maestrale» unite «collocazione troppo esposta del deposito delle munizioni» e «all’omessa predisposizione di posti di blocco in posizione avanzata» avrebbero contribuito ad accrescere gli effetti devastanti dell’assalto. Infine, il ministero aveva chiesto di detrarre dal risarcimento le somme che, a suo dire, sarebbero state già erogate ai familiari a titolo di indennizzo. Tuttavia i giudici hanno rigettato anche questa pretesa verificando che nessun pagamento era stato effettuato nei confronti di madre e fratelli di Intravaia che, secondo il giudizio, hanno diritto a una compensazione proporzionata alla sofferenza derivata dalla loro perdita. La decisione ha richiamato anche i procedimenti penali pregressi, come quello che ha coinvolto il generale Bruno Stano, condannato per non aver adottato misure adeguate di sicurezza nella base. I giudici hanno fatto riferimento pure alla sentenza della Cassazione che aveva annullato ai soli effetti civili l'assoluzione del generale Georg Di Pauli, evidenziando le gravi carenze nella valutazione del rischio di attacchi terroristici, inclusa l'assenza di posti di blocco avanzati e la mancata chiusura della strada di accesso alla base, omissioni che avrebbero contribuito in modo diretto all'esito della tragedia in cui sono stati coinvolti i soldati italiani in Iraq.