
Riccardo Parrinello, il più giovane dei sette ragazzi accusati di avere stuprato a turno una diciannovenne in un cantiere abbandonato del Foro Italico, il 7 luglio dello scorso anno, dovrà dovrà restare in carcere al Malaspina. La sezione penale per i minorenni della Corte d'Appello, presieduta da Giovanni D’Antoni, ha rigettato la richiesta di scarcerazione avanzata dall’avvocato Pietro Capizzi che aveva chiesto di sostituire la detenzione con la permanenza in casa nell'abitazione della madre a Misilmeri.
Condannato a otto anni e otto mesi per violenza sessuale aggravata, Parrinello è detenuto da un anno e tre mesi. Secondo la Corte, non ci sono elementi sufficienti per concedere una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliati. Nonostante i progressi rivendicati dalla difesa, il collegio ha però evidenziato che mancherebbero le prove che dimostrino un reale cambiamento nel percorso di recupero del giovane che ha compiuto 18 anni poco dopo la violenza.
Il riferimento dei giudici non è casuale. Parrinello era stato arrestato ai primi di agosto: all’inizio il Gip lo aveva scarcerato e affidato a una comunità, ma successivamente era stato nuovamente rinchiuso al Malaspina per avere pubblicato commenti sui social e video in cui quasi «rivendicava» gli abusi, come se quella storia gli avesse conferito prestigio, visto che con un certo infantilismo, ma anche con disprezzo contro la vittima, ironizzava sul fatto di essere «cercato da troppe ragazze». A suo carico anche una chat in cui ammetteva con un amico che la diciannovenne non era consenziente. Da qui, come si legge nell’ordinanza, il no della Corte alla concessione dei domiciliari.
«Quando il giovane imputato, cosa che risulta diffusamente spiegata nella sentenza di questa Corte, a suo tempo, dopo un rapido passaggio carcerario, era stato gratificato della meno blanda misura del collocamento in comunità, lo stesso non aveva dato buona prova di maturazione psicologica, utilizzando il proprio smartphone per intavolare una cospicua messaggistica, con amici all’esterno, autocelebrativa della propria condotta di reato, senza alcun segno di pentimento o rivalutazione positiva dei fatti. Non per nulla era stata immediatamente riattivata la misura cautelare carceraria tuttora in atto. Non può aprioristicamente sostenersi pertanto, almeno allo stato, che siano effettivamente scemate le esigenze cautelari».
Inoltre, per i giudici il semplice decorso del tempo non è sufficiente a ridurre il rischio di recidiva, né può giustificare un trattamento più indulgente rispetto agli altri imputati. Il legale di Parrinello sta preparando l’istanza per la revisione della pena in Cassazione, nel frattempo il Tribunale ha inflitto ai sei maggiorenni sette anni di reclusione a testa per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia e Elio Arnao; 6 anni e 4 mesi per Cristian Barone e 4 anni per Samuele La Grassa, che ha avuto le attenuanti generiche.
Una settimana fa era stato respinto pure il ricorso di Flores, assistito dall’avvocato Leonarda Lo Presti, per chiedere l’attenuazione della misura cautelare. Su quest’ultimo, 23 anni, ritenuto il cameraman del branco per avere documentato con il suo telefonino tutte le fasi della violenza, pende anche la richiesta di rinvio a giudizio per revenge porn, un capo d’imputazione inserito nel processo bis collegato a quello principale. A prendere la decisione sarà il Gup Stefania Brambille nell’udienza fissata per il 12 dicembre. Secondo l’accusa Flores avrebbe mandato due video e alcune foto a due amici la sera successiva in cui era stato consumato lo stupro e poi lo stesso materiale sarebbe stato condiviso tramite Instagram e WhatsApp anche con Di Trapani e Arnao.

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